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Liguria, Orlando fregato. Niente campagna con le monetine

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Mira Brunello
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Il campo largo ci aveva fatto la bocca. Alternare i comizi elettorali con le veline degli avvocati, avvicinarsi alle urne con i resoconti giudiziari, respirare quel venticello promettente che odora di processo (che sarebbe iniziato il 5 novembre), mascherare il disagio per le grandi opere con assalti giustizialisti, insomma una pacchia che faceva pregustare una vittoria scontata. O anche l’altra versione del sogno di luglio, arrivare in Piazza De Ferrari a «cavallo», quando l’ex Governatore era ancora agli arresti domiciliari nella sua villetta di Ameglia ed il più sembrava fatto. L’accordo tra i legali di Giovanni Toti e la Procura di Genova sul patteggiamento (le accuse derubricate in corruzione impropria) cambia completamente lo scenario ed impone al campo largo un brusco ritorno alla realtà. Se Andrea Orlando non commenta (ieri sera era in tour alla Festa dell’Unità di Milano), i suoi provano a ricreare il tintinnio di manette, ma l’effetto non è esattamente lo stesso.

 

 

 

«Il patteggiamento dimostra che avevamo ragione», prova a dire Debora Serracchiani che è la responsabile giustizia del Nazareno. Una falsariga rafforzata dal senatore 5 Stelle Luca Pirondini, il violinista che ad un certo punto Giuseppe Conte contrappose ad Andrea Orlando: «Il sistema di potere del centrodestra in Liguria ammette le sue responsabilità». Se la prende un po’ con tutti, Ferruccio Sansa, il Marco Travaglio al pesto che nel 2020 sfidò il giornalista Mediaset: «Toti con una mano patteggia per reati gravissimi, con l'altra abbraccia Bucci». Gli strali del consigliere regionale puntano anche contro l’ex ministro, governatore Pd Claudio Burlando pronto a una campagna elettorale ventre a terra per Andrea Orlando. Insomma una guerra strisciante nel campo largo, che impedisce di conoscere quali saranno i partiti che sfideranno il centro destra alle elezioni regionali del 27-28 ottobre. Anche Carlo Calenda prova ad andare in scia dell’ammucchiata anti Bucci: «Giovanni Toti sta ammettendo di aver mal amministrato». Una posizione che il leader di Azione «pagherà» subito: il divorzio di Enrico Costa che dovrebbe tornare in Forza Italia sembra davvero prossimo.

 

 

 

Qualche problema continua ad averlo anche Matteo Renzi, la cui iscrizione al campo largo risulta ancora sospesa. Con qualche ammacco, due consiglieri comunali genovesi su tre resteranno nella maggioranza che sostiene il sindaco Marco Bucci, stracciando la tessera di Italia Viva. Il candidato del centro destra intanto mette il dito nella piaga degli avversari: «Non vogliamo lasciare la Liguria nelle mani dei signori del no, di quelli che non sanno fare le infrastrutture e addirittura dicono che non vanno fatte, sostenendo la decrescita felice». Un grido di battaglia raccolto dal vice ministro Edoardo Rixi, che alle prossime consultazioni sarà capolista della Lega: «In Liguria non ci possiamo permettere di perdere. È una delle regioni con il maggior numero di infrastrutture da portare a termine - conclude - Il governo crede molto negli investimenti fatti nella nostra regione». Dal Nazareno, nel frattempo, arriva l’ultimo consiglio: «uniti vinciamo, ma non parliamo di nomi», spiega il responsabile organizzazione Igor Taruffi. Un bel problema in Liguria, perché oltre che di nomi (soprattutto quello di Matteo Renzi), il campo largo non può parlare neanche di temi. I «signori del No» infatti non vogliono sentir parlare di opere pubbliche. Con i processi, sarebbe stata tutta un’altra cosa, la vittoria in «carrozza» che è già sfumata.

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