Toti, indagini infinite poi crolla l'accusa e si accorda per patteggiare
Giovanni Toti e quell’insostenibile leggerezza dell’essere nella politica. Che, ancora una volta, l'ha portato a barattare le sue ragioni di fronte agli appetiti della magistratura, quei pm che lo hanno tenuto ostaggio ai domiciliari per tre mesi e l’hanno liberato solo quando il governatore ha ceduto alle pressioni delle dimissioni. Quei magistrati che si erano preparati a far sfilare in tribunale una sfilza di testimoni, pronti a sorreggere lo spauracchio della corruzione di quel sistema Liguria che Toti avrebbe messo in piedi, ponendo «la sua funzione pubblica al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri». L’accusa, insomma, era pronta a mettere in scena lo show dei corrotti, a convincere la giustizia che i finanziamenti leciti ricevuti dal Comitato dell’ex governatore erano una sorta di mazzetta, il pagamento di favori e concessioni elargiti agli imprenditori. Perché la prova linguistica di quel sistema di «magnaccioni al pesto» sta tutta nelle registrazioni delle chiacchiere in barca, intercettate dagli inquirenti. Migliaia e migliaia di ore, faldoni di prove e un impianto accusatorio in grado di far tremare le vene ai polsi. E invece la Procura, incredibilmente, ha dovuto proporre a Toti un patteggiamento per non andare a processo.
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L’ex governatore, che non ha mai smesso di dichiararsi innocente e che ormai da maggio scorso è finito in un pantano mediatico-giudiziario, ha ben pensato di accettare, risparmiandosi così il calvario della nostra giustizia dai tempi biblici e il fango mediatico che si sarebbe scatenato ad ogni udienza. Salta dunque il processo, già fissato per il prossimo 5 novembre, visto che Toti, di fatto, ha chiuso l’accordo con la Procura, la cui proposta scadeva il 15 settembre, per patteggiare una pena di 2 anni e 1 mese sulla base dei reati di corruzione impropria e di violazione della legge sul finanziamento dei partiti. La pena sarà convertita in 1.500 ore di lavori socialmente utili. L’accordo prevede inoltre la confisca di 84.100 euro, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per la durata della pena. «Un patteggiamento non vuol dire essere colpevoli: un accordo con la Procura vuol dire trovare una mediazione tra le loro accuse che dopo quattro anni di inchiesta, intercettazioni e pedinamenti si risolvono in qualcosa di molto derubricato rispetto a ciò di cui venivamo accusati», ha detto l’ex governatore, ora in attesa della ratifica del patteggiamento da parte del gup, in un’intervista andata in onda su TgCom24. «Tutti gli accordi suscitano sentimenti opposti: da un lato l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro il sollievo di vederne riconoscere una buona parte», ha aggiunto. «Di fronte a questo finale, credo appaia chiara a tutti la reale proporzione dei fatti avvenuti e della loro conclusione, che pone fine alla tormentata vicenda che ha pagato una istituzione oltre alle persone coinvolte», conclude Toti.
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«Nell’accordo tra i procuratori e la difesa dell’ex governatore, l’accusa riconosce che Toti non ha mai usufruito personalmente delle somme raccolte dal suo comitato politico, utilizzate solo per le attività politiche» ha spiegato in una nota l’avvocato Stefano Savi, il quale ha precisato che «si riconosce anche che gli atti prodotti dalla pubblica amministrazione fossero totalmente legittimi, così come i versamenti sotto forma di contributi all'attività politica. Cadono quindi le accuse di corruzione e le altre ipotesi di reato con l’esclusione della cosiddetta corruzione impropria, ovvero per atti legittimi degli uffici». Toti era accusato di aver ricevuto dall'imprenditore Aldo Spinelli, "tangenti" mascherate sotto forma di finanziamenti elettorali, in cambio di favori. Come la mazzetta da 40mila euro che Spinelli aveva versato a metà dicembre 2021 al Comitato elettorale di Toti, regolarmente registrata a bilancio con la causale di erogazione liberale. Quei soldi, per l’accusa, sarebbero il pagamento per la concessione trentennale del Terminal Rinfuse al gruppo Spinelli, per la quale Toti avrebbe fatto pressioni sul Comitato del porto, grazie al concorso dell’allora presidente dell'Autorità portuale di Genova, Paolo Emilio Signorini. Anche Signorini, in procinto di finire alla sbarra con Toti e Spinelli, ha concordato il patteggiamento con la Procura che, nel suo caso, prevede una pena di tre anni e cinque mesi, una confisca di circa 100mila euro e l’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Spinelli sta invece valutando se accettare la proposta di patteggiamento.