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Emiliano gate e quei soldi al fratello “a sua insaputa”. FdI: “Michele tiene famiglia”

Mira Brunello
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La funzionaria che ha firmato la determina di 41.016,88 euro non sapeva, evidentemente neanche il cognome le è sembrato conosciuto. Il presidente, naturalmente, non era al corrente, d’altra parte con i fratelli magari parla poco. Figuriamoci poi la presidente del Consiglio regionale pugliese, la piddina Loredana Capone, neanche lei era edotta, «la politica non si occupa di queste cose», e comunque ci tiene a precisare che la procedura è stata corretta. Insomma tutto a posto a Bari per l’ennesima bufera che scuote il presidente Michele Emiliano, quello che rivendicò di aver portato l’allora sindaco Antonio Decaro a casa della sorella di un boss, salvo poi correggersi e precisare che forse aveva avuto un vuoto di memoria. Ed anche stavolta la vicenda che lo riguarda, se non altro è paradossale, così come paradossali sono le giustificazioni dei protagonisti coinvolti.

 

 

Verso la fine di agosto una funzionaria del Consiglio Regionale firma una determina di oltre 40 mila euro per la Emiliano Srl relativa all’allestimento di un’area dello stesso Consiglio regionale. In pratica un punto ristoro con tavolini, sedie, divani, ma anche microonde e frigo a incasso, destinati al secondo piano del palazzo del Consiglio regionale. «Sono stata io a fare l'indagine di mercato e la richiesta di preventivo. Del resto, quell'azienda è leader nel settore. Ma non sapevo che quella società fosse dei fratelli del governatore... Io non sono neanche pugliese», si scusa la dipendente che non ha fatto caso all’omonimia, «d’altra parte sono calabrese», dice. Lo stesso stupore dell’altro fratello, quello che fa il Presidente della Regione Puglia, Michele, mentre gli altri due titolari della ditta sono Alessandro e Simonetta. «Il presidente Emiliano - fanno sapere dalla presidenza - non aveva informazioni dirette anche perché l'appalto in questione non passa assolutamente dal livello politico, ma è una procedura dirigenziale del Consiglio Regionale. A questo si aggiunga che il presidente non ha nessuna partecipazione nell'azienda del suoi fratelli. Il presidente, tuttavia, ha chiesto al segretario generale della Presidenza, di acquisire le informazioni relative all'appalto». Stranita anche la presidente del Consiglio, la piddina Loredana Capone. «Gli organi politici non si occupano delle gare», ripete la Presidente, «per questo ho chiesto immediatamente alla segretaria generale una relazione dettagliata sulla procedura di affidamento seguita dagli uffici, con una sua valutazione in merito. Da questa è emersa la legittimità dell'iter procedurale e la correttezza degli atti». Soltanto, in ultima battuta, l’esponente del Pd si vede costretta almeno ad ammettere «l’inopportunità dell'invito e la conseguente partecipazione della ditta Emiliano srl ad una procedura bandita dall'amministrazione regionale».

 

 

Una linea difensiva che non può convincere le opposizioni. Così è il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio Zullo a riepilogare tutte le «stranezze» di una vicenda di cui nessuno sapeva nulla. Emiliano «tiene famiglia e non fa altro che occuparsene», attacca Zullo, «così dopo aver sistemato nel 2015 la sua compagna all'interno della Regione Puglia, con la qualifica di addetta stampa personale, anche i fratelli possono godere della vittoria di un appalto da 41000 euro grazie al quale forniranno di arredamento il consiglio regionale pugliese. Il presidente ha usato la più classica delle scuse, "non sapevo nulla", e non capiamo se, dopo aver gestito la Regione come un padre padrone, ci prenda in giro o se non si renda conto che non sapere come vengono spesi i soldi dei contribuenti sia grave allo stesso modo. Dalla sinistra ovviamente arriva solo un silenzio assordante» sottolinea il parlamentare di Fdi, «sempre tanto solerti a puntare il dito e denunciare quando gli avversari fanno qualcosa che non li convince, quanto servizievoli quando questi scandali sono i loro compagni di partito a compierli». E dire che a maggio, di fronte all’ultima polemica che investì la giunta di Michele Emiliano, Pd e M5S proposero controlli severi alla macchina regionale e persino un risolutivo «patto sulla legalità». Nel frattempo se ne devono essere dimenticati.

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