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Partita Iva, l'incontro con Salvini: obiettivo flat tax a centomila euro

Aldo Torchiaro
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L’esercito delle partite Iva, 4,7 milioni di italiani, ha deciso di contarsi. Per provare a contare un po’ di più. Ieri si sono riuniti sotto il coordinamento del Centro Studi Autonomi e Partite Iva, presieduto dall’ex senatore azzurro Eugenio Filograna – un berlusconiano della prima ora – al Cnel. In casa di Renato Brunetta, che li ha accolti da «Figlio di un venditore ambulante, nato in una famiglia che doveva contare sulla sola partita Iva di mio padre per vivere». La presentazione dei dati – in parte derivanti da un rilevamento Swg, in parte elaborati da Sda Bocconi a Milano – ha fatto da sfondo a un confronto tra il vicepresidente del Consiglio e ministro dei trasporti, Matteo Salvini e decine di rappresentanti degli autonomi e partite Iva di ogni parte d’Italia. Filograna sintetizza: «Questo esercito di professionisti, lavoratori autonomi, commercianti, piccoli imprenditori è quello che produce di più e che è tutelato di meno. Perché non sa organizzarsi, non sa darsi una voce». E prova a darla. E a far parlare i dati.

 

 

Il professor Carlo Alberto Carnevale Maffé, della Bocconi, inizia a realizzare così, con una prima edizione del 2023, aggiornata ieri al 2024, il primo libro bianco delle partite Iva. Passate da 8 milioni a poco più di quattro milioni e mezzo nel volgere di cinque anni, con un indice di mortalità di impresa che non ha eguali in Europa. «Siamo stritolati da un carico fiscale impossibile, una burocrazia folle, una quantità di oneri, adempimenti ed obblighi da far passare a chiunque la voglia di fare impresa», sintetizza Filograna. Le leggi di sostegno alle imprese in crisi sono ancora deboli. Chi entra nelle black list delle banche dati, anziché essere aiutato a rimettersi in attività, viene semplicemente inibito, bloccato. Il professor Carlo Altomonte, economista alla Bocconi, rilancia: «E’ impensabile che lo Stato, che dovrebbe incentivare, disincentivi. Anziché essere elemento di efficienza, somma fattori di inefficienza». Ancora Filograna snocciola evidenze degli studi: «Autonomi e partite Iva pagano ogni di tasca propria miliardi di danni dovuti a costi burocratici, crediti non pagati dalla Pubblica Aministrazione, deficit infrastrutturali, ritardi nelle procedure amministrative e giudiziarie, sprechi, inefficienze, ecc. Un costo esorbitante che ci rende creditori di 140 miliardi nei confronti della P.A. e di fatto impedisce di pagare le tasse a chi avrebbe la volontà di farlo».

 

 

Salvini interviene sul punto. «Per questo serve un fisco amico capace di recuperare qualcosa, che è meglio di niente, senza mettere sul lastrico chi lavora. E per questo se chiediamo meno tasse, oneri e contributi vedremo aumentare il numero delle imprese in attivo». Brunetta lo interrompe, si complimenta: «Le darei una laurea al merito in economia aziendale, ha appena spiegato il principio economico della curva di Laffer sul rapporto tra aliquota di imposta ed entrate fiscali». Salvini ci ride su, per la laurea in economia c’è Giorgetti. Ma il sipario si chiude con il leader leghista che si fa serio: «Andremo avanti con le aliquote fiscali agevolate per le partite Iva. Il regime della flat tax al 15% ha funzionato, riguarda oggi una partita Iva su due. Oggi il regime riguarda i fatturati fino a 85mila euro. Vorrei alzarlo progressivamente ai 90 mila euro, quest’anno. E a cento mila euro l’anno prossimo».

 

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