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Sangiuliano, una marea di nemici dietro il golpe di Boccia? Tutti i retroscena
L'uscita di scena di Gennaro Sangiuliano dal Ministero della Cultura lascia dietro di sé una scia di polemiche e sospetti. Nella sua lettera di dimissioni dopo il caso che ha coinvolto Maria Rosaria Boccia, l'ex ministro ha accennato a pressioni esterne e forti contrasti con il mondo del cinema, dovuti alle riforme avviate durante il suo mandato. Tra i temi più controversi c'è la revisione del sistema di finanziamenti pubblici al settore cinematografico, una misura che, secondo molti, avrebbe messo a rischio un meccanismo consolidato che garantiva fondi a diverse produzioni, spesso senza un adeguato controllo sulla qualità. Il punto centrale del malcontento, riferisce Il Giornale, risiede nella riforma del tax credit e nei contributi selettivi al cinema, un sistema che fino al 2022 aveva distribuito quasi 850 milioni di euro. I finanziamenti, concessi senza parametri stringenti sulla qualità dei film, avevano permesso a molte produzioni italiane di ottenere ingenti risorse senza però riscuotere successi al botteghino. Alcuni casi emblematici di questa inefficienza sono stati riportati da inchieste giornalistiche, che hanno messo in evidenza il divario tra i fondi ricevuti e i modesti incassi di alcuni film.
Sangiuliano, durante il suo mandato, aveva proposto una vera rivoluzione: l'introduzione di un tetto agli stipendi dei registi che beneficiano dei contributi statali, fissandolo a 240mila euro, in linea con i compensi dei manager pubblici. Questa proposta ha scatenato la reazione negativa di molti registi, in particolare quelli più vicini alla sinistra. Non a caso, proprio dalla Mostra del Cinema di Venezia, il regista Nanni Moretti ha espresso preoccupazione per la nuova legge sul cinema, giudicandola negativamente e invitando i colleghi a reagire.
Tra le novità introdotte dall’ex ministro, anche l’obbligo per le case di produzione di coprire almeno il 50% dei costi dei film con investimenti privati, riducendo così la dipendenza dai fondi pubblici. Inoltre, si è previsto che chi accede ai finanziamenti statali debba avere accordi di distribuzione già siglati, per garantire la qualità del prodotto e la sua visibilità nelle sale cinematografiche. Ma il cinema non è l’unico fronte critico. Sangiuliano ha anche scontentato i burocrati del Ministero della Cultura, molti dei quali erano stati collocati in ruoli marginali dopo la riforma che ha ridisegnato la struttura dirigenziale, sostituendo i vecchi direttori generali con nuovi capi dipartimento. Questo riassetto interno ha ulteriormente alimentato le tensioni. Infine, gli appalti legati al G7 della Cultura, con i loro cospicui finanziamenti, sarebbero un altro terreno di potenziali conflitti di interesse. Tutto materiale per le possibili inchieste sulla vicenda.