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M5S, Grillo spinge Conte a farsi un partito. E Schlein ora ha una grana in più

Mira Brunello
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Di certo sarà impossibile rivederli sotto lo stesso tetto. La rivoluzione di Giuseppe Conte alla fine ha fatto esplodere la diffidenza che covava da mesi tra l’avvocato con la pochette, ed il fondatore dalle camicie a fiori, Beppe Grillo. I summit occasionali all’hotel Forum, residenza romana del comico, solo un tampone per tracciare fragili armistizi, che alla svolta annunciata con la Costituente, non hanno retto. E dire che il leader del Movimento 5 Stelle aveva stabilito il prezzo della «pace»: i 300 mila euro concessi dai gruppi parlamentari all’Elevato, che per due anni infatti si è limitato a mugugnare. La sintonia però non c’è mai stata, troppo diversi i due, l’azzimato ex Presidente del Consiglio e l’immaginifico creatore del simbolo e delle «sacre» regole del M5S. Ora volano i piatti, con accuse e contro accuse, «è sorprendente che Beppe Grillo invece di appoggiarci in tutti questi anni, perché non è la prima volta, purtroppo invece ha ostacolato la missione della sua stessa creatura», dice ad esempio la senatrice Alessandra Maiorino.

 

 

La guerra delle stelle è stata una mossa studiata a tavolino, l’attuale leader del movimento era consapevole che per stanare Beppe, bastava toccargli la creatura e mettere in discussione il primo comandamento, ovvero il tetto alle due legislature, il limite entro il quale gli eletti 5 stelle a qualsiasi livello devono sottostare. E che già nel passato aveva provocato non pochi malumori a Campo Marzio. In pratica la messa in discussione del dogma, ha consentito a Giuseppe Conte, di avere dalla sua gran parte del gruppo dirigente che aveva esaurito il «bonus». Un caso di scuola quello di Paola Taverna, l’ex senatrice romana che ha incarnato la prima ora, passata poi armi e bagagli con il fu avvocato del popolo, che ora le fa curare i rapporti con gli alleati. Così si studiano le carte del divorzio. «Conte potrebbe fondare il suo partito, magari alleandosi stabilmente con il centrosinistra, mentre Grillo terrebbe il simbolo e i principi fondativi come il limite dei due mandati, il taglio degli stipendi e la democrazia diretta», è la proposta del non indimenticabile ex ministro ai trasporti Danilo Toninelli, schierato apertamente con il comico. Insomma ognuno per la sua strada, e tanti saluti.

 

 

Una soluzione che il fondatore potrebbe caldeggiare, anche pensando ad un probabile riavvicinamento di due mostri sacri delle origini: il barricadiero Alessandro Di Battista e l’ex prima cittadina di Roma Virginia Raggi (già molto vicina al comico). La probabile scissione del M5S è comunque una bella grana per Elly Schlein, per una serie di ragioni. La prima e più evidente è la progressiva radicalizzazione del quasi amico Giuseppe Conte, peraltro già in atto da settimane, che dovrà guardarsi da una concorrenza «valoriale», poi il minor peso elettorale. Bisognerà capire se piacerà di più il partito che in Europa aderisce al gruppo di estrema sinistra The Left, o la creatura fedele al programma di Gianroberto Casaleggio, con cui peraltro sarà impossibile fare alleanze? Nel frattempo l’ex presidente del Consiglio dovrà evitare di fare altri regali al burbero genovese e ciò lo costringerà a fare la voce grossa con il campo largo. Contro l’ingresso di Matteo Renzi, ad esempio, «la sua presenza ci toglie il 2-3%». L’ex presidente del Consiglio di Volturara Appula non può permettersi di aprire le porte al leader di Italia Viva, detestato da grillini di ieri e di oggi. Da qui l’insistenza ligure: «non vogliamo l’ex sindaco di Firenze, neanche mascherato in una lista civica senza nome». Come affronterà il Nazareno un ritorno in scena della politica dei veti? Perché, dall’altra parte, lo stesso Matteo Renzi ha posto la questione ad Elly Schlein: «nel campo largo decidi tu o Conte in compagnia di Marco Travaglio?». Un bel dilemma per la segretaria.

 

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