il vaffa finale

M5S, Grillo si è rotto le stelle: vuole togliere il simbolo a Conte. Battaglia in tribunale

Edoardo Sirignano

«È arrivato il momento». Beppe Grillo scende a Roma e comincia la battaglia legale per tenersi il suo Movimento 5 Stelle. In un vertice blindato, nell’amato hotel Forum, il comico genovese incontra gli amici di sempre e soprattutto lo storico braccio destro Elio Lannutti. A questo, secondo indiscrezioni, avrebbe dato l’incarico di avviare l’iter legale per sottrarre il simbolo a Giuseppe Conte. «Fermeremo – gli avrebbe riferito – l’avvocato delle élite». L’ex senatore, infatti, è un vero e proprio esperto di ricorsi, tribunali e via dicendo, ma anche un punto di incontro tra base, Meetup e vertice. Quale profilo, dunque, migliore per affidare l’incarico di organizzare un’offensiva, a suon di carte bollate, verso l’attuale capo dei gialli. Il 75enne, già presidente dell’Adusbef, dicono i ben informati, nell’operazione, sarà coadiuvato da un esperto di fascicoli, come Lorenzo Borrè, noto a quelle latitudini come «il principe dei cavilli burocratici». L’obiettivo, infatti, è non perdere tempo prezioso e spiazzare il vertice contiano prima dell’assemblea. Altrimenti sarà troppo tardi. A quelle latitudini, i fedelissimi dell’Elevato sanno di non avere i numeri. Meglio, quindi, accendere lo scontro a settembre.

 

  

 

Saranno tutti disposti a seguire il capo, sapendo di non poter più cavalcare il messaggio dello storico vessillo e al contrario essere parte integrante dell’ennesimo progetto ad personam, per capirci il partitino alla Calenda maniera? Insomma, una vera e propria chiamata alle armi per quei ribelli che, pur sposando la causa, non si sono ancora esposti, come nel caso del solito Alessandro Di Battista. Un appello chiarissimo, in tal senso, è il post pubblicato sul blog del fondatore: «A ottobre – scrive ai suoi seguaci – vi troverete davanti a un bivio, costretti a scegliere tra due visioni opposte di cosa debba essere il Movimento. La prima è una politica che nasce dal basso e non da politici di professione. La seconda è quella di Giuseppe Conte». Un chiaro riferimento pure a quel Gianroberto Casaleggio, probabilmente per ricucire col figlio Davide e mettere in soffitta la querelle delle origini che, allo stato, d’altronde, non avrebbe ragione di esistere: «Con lui abbiamo avuto l’idea di creare una forza politica diversa, un’alternativa ai partiti tradizionali, ormai incrostati di politici zombie, più attenti ai propri interessi che a quelli dei cittadini». La strada, pertanto, è una soltanto: mantenere quelle regole, da lui definite inviolabili.

 

 

Intende, dunque, esercitare quei diritti che lo Statuto gli riconosce in qualità di Garante. «Secondo quanto afferma l’art.12, lettera A, numero 2 – ribadisce Beppe – ci sono degli elementi imprescindibili che devono restare tali affinché il Movimento possa ancora dirsi tale: il nome, il simbolo e la regola dei due mandati». Questi capisaldi, per gli ex, non possono essere cambiati. Diversamente, invece, la pensa Conte che vorrebbe sfruttare la voglia di chi è nei palazzi di restare sulla poltrona per recuperare qualche malumore e dar vita a una nuova forza, capace di prendere definitivamente le distanze col passato. Beppe, però, ha capito la mossa e dunque prova ad anticipare l’avversario, promettendo quel sogno, che secondo qualcuno, negli ultimi anni, sarebbe stato negato da chi non ha mai gradito un forza alternativa alla destra e alla sinistra.