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Sangiuliano si confessa al Tg1. Le dimissioni? "Respinte". Meloni: "Basta errori"

Edoardo Sirignano
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Sangiuliano si confessa. «Con Maria Rosaria Boccia – spiega – avevamo una relazione affettiva, ma non sono ricattabile perché non ho usato denaro pubblico». Non utilizza giri di parole il ministro della Cultura, commosso e senza filtri, che, in un’intervista esclusiva rilasciata al direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci, presenta la propria versione rispetto alla vicenda che lo ha travolto negli ultimi giorni, ovvero quella riguardante la professionista, dipinta dai più come "super-consulente" del ministero: «Non ho mai speso soldi pubblici, ho pagato tutto io». Gli stessi biglietti, che tanto rumore hanno fatto sui social, dunque, sarebbero stati acquistati con la carta personale del titolare del Mibact e non con fondi pubblici, come insinuato dalla dottoressa che lo ha accusato.

 

Allo stesso modo non ci sarebbe stata alcuna violazione sui documenti relativi al G7: «Sono stati diffusi aspetti marginali, ma nessun documento classificato o riservato». Nonostante ciò, l’ex cronista rivela di aver rassegnato le sue dimissioni, che la premier, a suo dire, avrebbe respinto, esortandolo ad andare avanti e di «chiarire». Sangiuliano, in lacrime, come non accadeva in televisione da anni, dunque, chiede scusa alla moglie, la giornalista Federica Corsini, che descrive come «persona eccezionale», al presidente del Consiglio Giorgia Meloni per averla messa in imbarazzo e ai suoi fedeli collaboratori, che si sarebbero trovati ingiustamente coinvolti in un caso mediatico. Il ministro della Cultura, esponendo le carte, rassicura il Paese e la stessa premier, che lo avrebbe esortato, a suo dire, solo a essere sincero e a non trascurare la sacrosanta verità, dovere indiscusso per chi ricopre una carica istituzionale di quella portata: «Questa – evidenzia – è una vicenda di gossip, fastidiosa, ma non un euro dei cittadini è stato mai speso, né alcun documento classificato è stato diffuso».

 

Dieci minuti, dunque, che chiariscono ogni possibile dubbio, a parte quelli dei gossipari, che hanno registrato ogni singolo secondo dell’intervento per capire come fosse cambiata, nel giro di qualche mese, a causa di una donna, la vita di chi, per meriti e risultati, stava svolgendo il compito promesso all’assegnazione del mandato. Ecco perché il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, impegnata a portare l’Italia fuori dalla crisi, avverte i suoi più stretti collaboratori. Nella relazione introduttiva all’esecutivo del partito, infatti, esorta la sua squadra a non cadere nelle «trappole» degli avversari. «Noi – dichiara – stiamo facendo la storia e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause, né soste, né tanto meno sono consentiti errori o passi falsi». Rimarca, pertanto, come a ogni dirigente di maggioranza non verrà perdonato nulla, considerando l’ampio consenso affidatole dagli italiani dopo le politiche del 2022 .

Compatta sull’argomento la coalizione di centrodestra, come ben spiegato dal vicepremier Matteo Salvini, che sostiene «di fidarsi dei colleghi con cui lavora». Considerando l’occasione storica, descritta da Giorgia agli italiani, non può essere, commessa alcuna distrazione o sbavatura. Secondo Giovanni Donzelli, comunque, nessuno ha mai tolto la fiducia all’esponente di Fratelli d’Italia. Allo stesso tempo, però, il ministro della Giustizia scatena polemiche per il consiglio dato a chi, in questo particolare momento, è al centro dei riflettori. «Certamente – evidenzia il Guardasigilli – rivolgerei un invito alla cautela quando si occupano posti di responsabilità». Dichiarazione strumentalizzata da Avs, che subito parla di «scarica Sangiuliano».

C’è chi, tra le opposizioni, minaccia di adire addirittura alle vie legali. Angelo Bonelli, segretario nazionale dei Verdi, annuncia la presentazione di un esposto. Per il Partito Democratico occorre «spiegare nelle sedi istituzionali i dettagli di una storia che imbarazza il governo a livello internazionale».

 

Per Elly Schlein, sembra «una saga di Beatiful», ragione per cui dovrebbe dimettersi. Sulla medesima posizione ovviamente Matteo Renzi per cui il passo indietro sarebbe l’unica soluzione dopo che Sangiuliano è diventato «zimbello del Paese», a cui chiede di riferire in Parlamento e non ai riflettori delle telecamere della tv di Stato.

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