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Inchiesta Liguria, la gaffe di Orlando: dimentica la nomina Dem di Signorini

Mira Brunello
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L’esordio con gaffe non è proprio il massimo. Però certo Andrea Orlando, di grattacapi in queste settimane ne ha avuti tanti, tensione a mille. In pratica un’estate sulle montagne russe, la segretaria Pd in vacanza con il telefono staccato, Matteo Renzi invece dappertutto a creargli altri problemi, Giuseppe Conte sull’orlo di una crisi di nervi, che ad un certo punto gli ha contrapposto un violinista. Insomma c’è da capirlo Andrea Orlando, candidato clandestino del campo largo per ben due mesi (stasera alla Festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia dovrebbe sciogliere la riserva).

Così evidentemente ancora un po’ confuso per il guazzabuglio in cui si è andato a ficcare, ha ingaggiato una vibrante polemica con il vice ministro della Lega Edoardo Rixi. Motivo del contendere, la paternità politica della nomina di Paolo Emilio Signorini, il presidente dell’ autorità portuale, arrestato nell’inchiesta che ha coinvolto anche l’ex governatore Giovanni Toti.

 

«È vostra», ha detto l’ex guardasigilli, con la sicumera di quelli che sono sempre convinti di essere dalla parte giusta. Lo sfortunato, però, non aveva guardato bene il calendario. Signorini era stato nominato a capo del Porto di Genova nel 2016, con il ministro Graziano Delrio. Quando il leghista glielo fa notare, Orlando perde le staffe: «Rixi dimentica di dire che l’allora ministro Delrio procedette alla nomina su indicazione del sindaco Bucci raccogliendo le proposte del territorio».

Una distrazione ci può anche stare, due diventano decisamente troppe. Il nuovo affondo dello "smemorato" costringe il sindaco di Genova Marco Bucci a circostanziare: «Ha perfettamente ragione il viceministro Edoardo Rixi quando ricorda che Signorini venne indicato per due volte da ministri del partito Democratico: nel 2016 Graziano Delrio e nel 2020 Paola De Micheli- ha concluso il sindaco -. Mi auguro che la campagna elettorale si faccia su idee e progetti per il futuro della Liguria e non su fake news che si continuano a far circolare». Peraltro anche il sindaco della città della Lanterna nel 2016 era Marco Doria, esponente della vendoliana Sel.

 

Insomma più che dimenticanza, forse furia di "sbianchettare". E tanti nodi ancora da sciogliere sull’alleanza, i suoi confini ed il suo programma. Ieri è stato il turno di Carlo Calenda. Il leader di Azione ha elencato i suoi dubbi: «In Liguria veniamo da mesi in cui la sinistra l'unica cosa che ha fatto è usare le inchieste per attaccare gli avversari. Per me ci sono dei punti fondamentali, non usare le inchieste per la campagna elettorale e che sulle infrastrutture non ci sia un passo indietro», della serie libro di sogni. E poi il caso di Matteo Renzi, che non trova ancora soluzione, 5 stelle e Avs lo vogliono fuori. Tanto che il leader di Italia Viva ora minaccia il divorzio: «Se la linea nel centrosinistra la dà il Pd con Elly Schlein, noi ci stiamo e siamo decisivi. Se la linea nel centrosinistra la dà il Fatto Quotidiano con Travaglio, noi non ci stiamo». 

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