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Liguria, il patto tra Matteo Renzi e Elly Schlein: "Così Andrea Orlando può vincere"

Mira Brunello

Più che un’alleanza politica, assomiglia a un club esclusivo. Di quelli che per superare le prove di ammissione e diventare soci serve attraversare le forche caudine. Se ne sta rendendo conto Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, che in tutti i modi, tenta di associarsi al campo largo ma che ogni giorno deve affrontare uno sbarramento diverso. E dire che l’ex sindaco di Firenze si è presentato alla porta di ingresso con l’invito giusto, quello della segretaria del Pd. Il via libera di Elly Schlein però non basta, i soci sono in rivolta, e non ne vogliono sapere di dividere gli spazi, con quello che a tutti gli effetti ritengono un imbucato. Il più netto, almeno per una volta, è Giuseppe Conte. Il leader del M5S, memore dello sgambetto fatale al suo governo e al tappeto rosso fatto trovare al suo successore, Mario Draghi, nega qualsiasi tipo di accoglienza al fiorentino. Ha voglia a dire l’ex ministra Maria Elena Boschi, che l’avvocato è fermo allo «sgarbo» del 2021, perché comunque anche nei mesi successivi, è stata una girandola di insulti e di improperi. Dell’uno contro l’altro, e viceversa, morale: i due non si sopportano, difficile immaginare di rivederli dalla stessa parte. Se Conte è il più esplicito, tanti altri pensano la stessa cosa, e la dicono in modo anche più colorito. A partire da Romano Prodi, in versione "Savonarola". Il professore bolognese, dal palco della Festa Nazionale delle Unità di Reggio Emilia, è partito addirittura dalle Sacre scritture: «Nel vangelo di San Luca si dice che "c’è più festa in paradiso per un peccatore che si pente, che per mille giusti". Però bisogna primo che ammetta di essere un peccatore, secondo che si penta...». E arriva pure la stilettata di Massimo D’Alema dal palco della Festa dell’Unità che rimprovera a Renzi di non avere voti. Mentre l’altro "rottamato" eccellente, Enrico Letta, con sorriso sarcastico evita di dire se si fida del leader di Italia Viva per paura di «essere male interpretato» e si limita a dire: «Mi fido di Elly Schlein».
Poi c’è Nicola Fratoianni, che gli suggerisce di cambiare lavoro («lasci le consulenze») e di adottare un «dress code» più consono al campo largo, blazer blu togliti di torno. Per non dire del Pd, da Goffredo Bettini a Giuseppe Provenzano, sono sempre di più gli esponenti nostalgici dei veti (ah i bei tempi di Enrico Letta).

 

  

 

 

La trappola così era stata confezionata per la Liguria, il fiorentino infatti sostiene la giunta nel capoluogo regionale di Marco Bucci, con un assessore e due consiglieri comunali. «Non si può stare con un piede in due scarpe», ha ammonito Elly, che qualcosa deve pur dirlo, per domare la rivolta interna. Matteo Renzi, che come è noto, non è nato ieri, ha fiutato il pericolo, e si è trasformato nel più realista del re. Lascio subito l’amministrazione di Genova, (ma il sindaco ribadisce «ad oggi Italia Viva è con me») ha promesso, e pazienza se il primo cittadino in questione è il più incensato da lodi da parte dei parlamentari renziani, e pazienza anche se l’assessore che dovrebbe fare il passo indietro, comunque personalmente non lo farà. C’è poi la questione della collocazione, Andrea Orlando (il candidato del campo largo, che da non ufficiale, è ora "semi ufficiale") dovrà predisporre un recinto, stile "tre scimmiette", che non vedono, non sentono e non parlano. In pratica un indistinto listone di centristi, "no logo". Una soluzione che potrebbe andare bene anche per altre Regioni, non solo quelle che andranno al voto in autunno. Un vero controsenso, se il campo largo ha bisogno di una gamba moderata, perché poi fare di tutto per nasconderla? E comunque non basta. Sempre dalla città della Lanterna, è Ferruccio Sansa, il giornalista del Fatto Quotidiano stracciato da Toti nel 2020, a pronunciare l’ultimo non expedit: «No a Italia Viva. No a fare entrare candidati camuffati in altre liste. Soprattutto perché vuole cose diverse da noi sulla sanità, la legalità, la Costituzione, l'ambiente e lo sviluppo economico». Insomma per Matteo Renzi, alias Guglielmo Speranza (l’immortale protagonista della commedia di Eduardo), «gli esami non finiscono mai».