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Regionali Liguria, intesa Pd-M5s su Orlando ma resta il nodo Renzi

La strada verso la candidatura di Andrea Orlando appare spianata dopo il via libera di Giuseppe Conte e il passo indietro del candidato del M5s, Luca Pirondini. Passo indietro atteso da una settimana, da quando, cioè, sono iniziati i colloqui fra i dirigenti regionali e nazionali di Partito Democratico e Cinque Stelle ed era apparso subito chiaro che nessuno aveva realmente intenzione di ostacolare la candidatura del deputato dem che, poche ore prima della luce verde arrivata dai partiti, aveva strigliato gli alleati: si decida entro domenica o sono pronto a farmi indietro. E ieri mattina, viene riferito da fonti dem, c’è stata una telefonata tra Conte e Orlando che ha determinato lo sblocco dello stallo e il via libera dei partiti con una nota co-firmata da Pd, M5s, Avs e Azione. Carlo Calenda ha fatto sapere di dover riunire il direttivo del suo partito prima di dare l’imprimatur alla decisione dei suoi esponenti in Liguria ed è tornato a ribadire che gli investimenti in grandi opere nella Regione sono per il suo partito «una linea rossa invalicabile». Il passaggio del direttivo nazionale, tuttavia, viene definito «di prassi» da chi si sta occupando della vicenda: i referenti liguri di Azione, viene spiegato, sono personalità vicine al centrosinistra, alcuni di loro provengono dal Pd e godono di un consenso elettoralmente ’pesante'.

 

  

Per il candidato dem, insomma, l’investitura ufficiale sembra cosa fatta e dovrebbe arrivare dai livelli nazionali dei partiti nelle prossime ore. Orlando è atteso alla festa nazionale dell’Unità mercoledì e, in quell’occasione, potrebbe parlare per la prima volta da candidato ufficiale. Un ruolo per favorire il via libera a Orlando, stando a quanto viene riferito, lo avrebbe avuto anche Goffredo Bettini, pontiere fra le due forze politiche, che ha spinto perché il dibattito sull’ingresso o meno di Matteo Renzi nel perimetro della coalizione di centrosinistra non finisse per penalizzare Andrea Orlando. «I fatti dicono che, se si vuole vincere contro il centrodestra si deve stare insieme. In Liguria come alle politiche», sottolinea un dirigente Pd. Un ragionamento che parte dal fatto che le urne nelle tre regioni in cui si voterà in autunno - Umbria, Emilia-Romagna e Liguria - potrebbero scatenare un effetto domino tale da arrivare direttamente a Palazzo Chigi dove, in quegli stessi giorni, il governo di Giorgia Meloni sarà impegnato nella difficile partita della legge di Bilancio. «Se si vuole vincere, bisogna stare insieme», ribadisce una fonte della segreteria dem. A cominciare dalla Liguria. L’unico nodo sul tavolo è quello dell’ex rottamatore. Per il M5s, infatti, Renzi fa perdere più voti di quelli che fa guadagnare, come ha avuto modo di dire più volte il leader del Movimento.

 

 L’operazione, fa notare un parlamentare M5s, «è utile soltanto a lui perché gli permette di vivere di luce riflessa» e, per questo, «noi non rispondiamo a ogni parola che Renzi dice». A dimostrazione di questo, fra gli eletti Cinque Stelle c’è chi rimanda a quanto detto ieri da Massimo D’Alema alla Festa dell’Unità di Pesaro, quando l’ex premier ha sottolineato che, nella costruenda coalizione, «ognuno peserà per i voti che porta, è un errore sopravvalutare l’apporto di questo o di quello. Prima di arrivare a fare l’alleanza, ci saranno molti test, ci saranno le elezioni regionali e amministrative, bisognerà dare prova di coerenza». Insomma, per i Cinque Stelle, saranno i numeri a ridimensionare il ruolo di Renzi all’interno dell’alleanza. Dubbi sull’apporto di Renzi permangono anche dentro il Pd, soprattutto nella sinistra del partito. Il leader di Italia Viva si è detto pronto a ritirare i suoi dalla maggioranza che sostiene il sindaco di Genova eletto con il centrodestra, Marco Bucci. Una condizione ’sine qua non’ per far sedere Renzi e i suoi al tavolo della coalizione.

«Non intendiamo tenere i piedi in scarpe diverse e siamo pronti a separare la nostra strada da quella del pur bravo Marco Bucci», dice Renzi rispondendo a un ’richiamo diretto' di Schlein: «Non si può stare con i piedi in due scarpe». Lo stesso Bucci, a domanda diretta, risponde che «Renzi non è nella giunta, le persone che sono dentro la giunta han detto a chiare lettere che non escono, ma poi saranno loro a decidere. Io lascio libertà a tutti. Ognuno deve fare quello che ritiene opportuno». Il riferimento del sindaco è all’assessore Mauro Avvenente, che ha già detto di essere pronto a lasciare Italia Viva per rimanere nella maggioranza. Gli altri renziani nel centrodestra sono i consiglieri della lista Vince Genova Arianna Viscogliosi e Davide Falteri, che non si sono ancora espressi sul loro eventuale addio. Uno schema, quello di presentare propri candidati in una lista civica, che Italia Viva potrebbe replicare anche con il centrosinistra in Liguria. Renzi, dunque, potrebbe rinunciare ad essere rappresentato in Consiglio a Genova per realizzare quella che lui chiama «l’ala riformista del centrosinistra». Ovvero, quell’area liberal di cui anche una parte del Pd sente il bisogno per allargare il consenso oltre la sinistra, verso il centro. Stando a quanto riferisce una fonte dem, a questo scopo un gruppo di esponenti Pd ed ex Margherita aveva lavorato per la nascita di una forza centrista e liberal che potesse affiancare il Pd, ponendosi anche in rapporto critico su alcuni temi. Il progetto, tuttavia, si sarebbe arenato proprio davanti alla foto dell’abbraccio fra Schlein e Renzi. «C’è l’esigenza di parlare anche a un mondo liberale che non si riconosce in questa destra», spiega Provenzano «ma spero che lì emergano nuovi attori di maggior successo».