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Vannacci fulmina Verdelli: “Non mi dimetto da generale. Continuo a servire la patria”

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Una nuova polemica respinta. Il generale Roberto Vannacci, eurodeputato della Lega, in una lettera al Corriere della Sera ha replicato al giornalista Carlo Verdelli, che aveva sollevato il caso di compatibilità del posto da europarlamentare con quello da militare dell’esercito italiano: “Il mio impegno per la Patria e per i valori costituzionali non è mai venuto meno. Un giuramento, soprattutto quello al tricolore, è per sempre! In merito al suo suggerimento di dimettermi dall’Esercito, preciso che nessuna legge o normativa mi impone di farlo. Non mi risulta, peraltro che, in passato, siano state richieste le dimissioni di altri militari o magistrati che hanno espresso pubblicamente le loro idee o che hanno partecipato attivamente alla vita politica del Paese. Il suo consiglio appare quindi privo di fondamento sia per normativa che per storia”.

 

 

“Ora il mio servizio alla Patria continua con una veste diversa - spiega Vannacci -. Seguiterò a promuovere e difendere i valori fondamentali della libertà, della democrazia, della giustizia, della libera espressione del pensiero (sempre messa in discussione da chi, a parole, si professa democratico, solo ultimamente, dal sindaco di Nichelino) e del rispetto della dignità umana”. Inoltre, spiega Vannacci, “non è improbabile che un giorno io possa tornare al servizio militare attivo, come fece Cincinnato tornando alle sue terre. Pretendere che un politico debba essere esclusivamente un politico, privo di esperienze in altri campi e incapace di tornare a tali attività, imporrebbe forti limitazioni partecipative alla vita pubblica del Paese a chi ha scelto la professione di militare, di professore o di magistrato. Di sicuro, la mia attività attuale è ispirata dallo stesso desiderio che ha caratterizzato la mia carriera militare: la difesa dell’Italia, prima in armi e ora contribuendo al suo benessere, e la protezione dei suoi valori fondanti che tutelavo rischiando la vita sui campi di battaglia e ora difendo esprimendomi dallo scranno di Bruxelles”. 

 

 

“Peraltro - continua il generale Vannacci -, sottolineo che la sua partigiana digressione sulla Decima Mas è fuori luogo, soprattutto se diretta a uno che ha militato per trent’anni nelle Forze Speciali del nostro Paese. Oltre a quello che le interessava ventilare per corroborare la sua teoria, per amor di verità, avrebbe dovuto ricordare che tra i ranghi dell’odierna Marina Militare esiste un reparto erede delle tradizioni, del valore, del coraggio e delle gesta eroiche di quella gloriosissima unità della Regia Marina che operò colando a picco un tonnellaggio di naviglio nemico superiore a quanto l’intera Marina non avesse fatto dal ’39 al ‘43. Quella è la Decima al cui valore con deferenza mi inchino. Quella, per intenderci, di Durand de la Penne, di Emilio Bianchi, di Teseo Tesei, di Bruno Falcomatà, e visti i miei pregressi di mestiere non era difficile immaginarselo. Ogni altro riferimento sarebbe totalmente arbitrario e lo respingo al mittente. Sconfortante, inoltre, constatare che ai giovani di oggi i nomi di questi eroi siano quasi sempre sconosciuti”. E ancora: “Ribadisco anche che non considero ’fascistà un’offesa, ma, tutt’al più, un giudizio politico che, come tale, rispetto”. “La Patria, me lo lasci dire - conclude Vannacci - , si serve anche (o, forse, soprattutto, a mio modesto avviso) senza essere di sinistra”.

 

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