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Pd alla prova del Centro, teme l'asse Renzi-Tajani. “Può insidiare Schlein”

Mira Brunello
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Si chiamavano maggioranze variabili, ma era un’altra epoca. Quella in cui il «divo Giulio» dovette tenere a bada l’esuberanza dell’alleato Bettino Craxi. Nacque allora la famosa teoria dei due forni, ai quali la Democrazia Cristiana poteva rivolgersi per comprare il pane, quello socialista o quello comunista. L’ambizione del sette volte Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, ciclicamente continua ad attraversare la cronaca politica italiana. Più recentemente in qualche modo anche Pierferdinando Casini, durante il governo Berlusconi, provò a ricostruire una forza politica di centro in grado di riconquistare lo scacchiere politico ed appoggiarsi ora al Popolo delle libertà ora al Pd. Ancora più recentemente, un progetto coltivato da Matteo Renzi, forse l’esponente politico che utilizza di più il termine centro. L’allora ex sindaco di Firenze, da pochi giorni salito a Palazzo Chigi, correva l’anno 2014, invitò al Nazareno l’arci nemico di sempre, Silvio Berlusconi. Un incontro che passò alla storia come il patto del Nazareno. In pratica l’allora presidente del Consiglio ed il leader di Forza Italia sottoscrissero un patto per le regole: avrebbero dovuto concordare la legge elettorale e la riforma costituzionale. Un accordo che naufragò per l’elezione del Presidente della Repubblica, per l’appunto Sergio Mattarella.

 

 

Il fiorentino però ci riprovò con un dialogo serrato con Denis Verdini, che ruppe con il fondatore di Mediaset, e costruì un gruppo parlamentare autonomo che agevolò il governo Renzi nei passaggi più stretti. L’idea dei due in qualche modo era particolarmente lucida: costruire un fronte moderato per le riforme, che reggesse l’onda d’urto del M5S e degli oppositori interni del progetto, anche questo fallito, con la bruciante sconfitta al referendum e con quella successiva del Pd alle urne, nel 2018. Un pallino che però è rimasto nella testa dell’ex rottamatore: in qualche modo sia l’alleanza elettorale con Carlo Calenda nel ‘22, che il successivo percorso verso le Europee (poco prima dell’accordo con Emma Bonino, in tantissimi spazi pubblicitari compariva un maxi manifesto con il faccione di Renzi e la scritta il centro) avevano questa ambizione. Poi, è cronaca di questi giorni, l’improvvisa svolta a sinistra ed il nuovo amore per Elly Schlein.

 

 

Eppure neanche questa volta è uscito di scena il tentativo di rimettere in piedi una sorta di erede dello scudo crociato, o comunque, di una forza politica mediana, che rifugga dagli estremismi di destra e di sinistra. Per seguirne le tracce, bisogna cambiare schieramento, guardare verso Forza Italia. Il posizionamento estivo degli azzurri ha tenuto ripetutamente a distinguersi dalla Lega, basti pensare alla polemica sullo ius scholae. Poi, certo hanno avuto molto spazio le dichiarazioni dei fratelli Berlusconi, che qualcuno ha letto, come una decisa smarcatura dai programmi della destra. Contemporaneamente, il solito Renzi, fa volare la fantasia della minoranza Pd, che può tornare ad immaginare il ribaltamento delle gerarchie ed il «pensionamento» della «zarina» svizzera. Anche in politica, a volte, uno più uno fa due: e se un Pd tornato moderato e governista si incontrasse a metà strada con una rinnovata Forza Italia di Antonio Tajani? L’obiettivo sarebbe quello di tagliare le estreme: Lega e M5S. Un sogno di fine agosto, ma nel Paese in cui nacquero le maggioranze parallele, chissà?

 

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