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Avs si rischia la scissione: "Non aprite quella sede"

Susanna Novelli
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Un amore stagionale, o meglio elettorale, quello scoppiato tra Verdi e Sinistra che alla vigilia dell’autunno rischia già di implodere su se stesso. A poco più di due mesi dall’inaspettato exploit elettorale che ha portato il partito di Bonelli e Fratoianni a sfiorare il 7 per cento, si vive già separati in casa. «Vietato» infatti aprire un circolo con il logo Avs, o si mette quello dei Verdi o quello di Sinistra italiana, come se la gestione unitaria di due realtà, forse affini ma ben distanti tra loro, fosse un tabù dal quale sfuggire. E come tutte le storie che si rispettano è il terzo incomodo a far salire i nodi al pettine. Se poi questo si chiama Ignazio Marino, il gioco è praticamente fatto. Colpisce infatti la battaglia a mezzo stampa sulle pagine de Il Foglio iniziata proprio dal Marziano che, tornato in quella Capitale che ha governato per circa due anni, ha cominciato ad attaccare l’amministrazione di Roberto Gualtieri, alias quel Pd che lo ha prima eletto e poi mandato a casa senza troppi complimenti. Peccato che parte, non solo determinante ma fondante, del governo di Roma Capitale targato centrosinistra sia proprio Avs.

Evidentemente nella sua prima passeggiata capitolina al ritorno da quel di Filadelfia, l’ex sindaco Marino ha notato cose che pure, quando era sindaco le devono essere sfuggite, ovvero lo stato indecoroso in cui versa la Capitale. Scontata la replica dell’assessore Avs in Campidoglio, Andrea Catarci, così come la levata di scudi non solo dei consiglieri comunali e municipali dell’Alleanza Verdi-Sinistra ma anche degli eletti del Pd.

«Cugini serpenti» ai quali, sempre dalle pagine de Il Foglio, replica con una dura lettera Filiberto Zaratti che si firma «deputato Avs e co-portavoce di Europa verde nel Lazio», tanto per distinguere. Nella missiva Zaratti attacca l’assessore capitolino precisando «che non parla a nome di Avs», entrando poi nel dettaglio di questioni romane, dallo Stadio della Roma al termovalorizzatore. «Il giudizio sull’esperienza di governo di Marino lasciamolo al popolo di Roma», scrive ancora Zaratti, dimenticando forse che negli ultimi mesi del suo mandato l’ex sindaco aveva contro 6 romani su 10 e, una volta mandato a casa con le dimissioni di massa del Consiglio comunale (compreso il Pd e, beffa del destino, non dei consiglieri della Sinistra), i romani votarono Virginia Raggi, mandando a quel paese proprio quell’esperienza capitolina.

Al di là delle liti in «famiglia» comunque una riflessione è d’obbligo: ma Ignazio Marino non dovrebbe occuparsi di Europa? Perché incentrare il dibattito interno di Avs sulla Capitale, quando questa alleanza politica fa acqua da tutte le parti, al punto da non aprire circoli con un logo proprio? Sarà forse che il divorzio tra Verdi e Sinistra è già realtà e si stia seminando il terreno per le elezioni capitoline del 2026, magari con il ritorno del Marziano a guidare una lista «green»? A pensar male...

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