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Scholz-Macron, attenti a quei due. Hanno i governi in bilico, ma impongono veti all'Italia

Tommaso Manni
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Manfred Weber, nella sua discesa romana, ha svelato quello che tutti sapevano: la formazione dell’Ursula bis è passato dai veti di Francia e Germania a Meloni e conservatori. «Fuori dai giochi dopo i veti di Macron e Scholz. Giusto aiutarla ma diventi europeista» ha dichiarato ieri nell’incontro a porte chiuse con Fitto, Meloni e Tajani. Era chiaro come il sole che, nonostante il voto espresso dai cittadini europei, il pallino a Bruxelles ce l’hanno sempre in mano popolari, socialisti e liberali. Per questo non ci poteva essere alcuno spazio per Meloni e conservatori. Senza contare che lo spostamento di Salvini verso il nuovo gruppo guidato da Orban (fuoriuscito da Ecr) ha rappresentato un altro elemento che non è piaciuto ai sostenitori della maggioranza Ursula. Il dettaglio non trascurabile è che Macron e Scholz dettano ancora legge a palazzo Berlaymont nonostante a casa loro non toccano palla.

 

 

Macron dopo aver creato l’accozzaglia anti Le Pen del Nuovo fronte popolare e aver messo il voto alla formazione di un governo di sinistra ha, di fatto, infilato la Francia in un cul de sac. E nel frattempo, la sinistra ha indetto manifestazioni di piazza il 7 settembre proprio contro la decisione di Macron di non affidare a loro la guida del governo. Un esecutivo che a questo punto diventa sempre più complicato da comporre. Dall’altra c’è il cancelliere tedesco che alle ultime elezioni si è piazzato al secondo posto. L’Spd (Partito Socialdemocratico di Germania) è stato sorpassato dai conservatori del Cdu-Csu e dal partito di estrema destra dell’Afd. Di buono c’è che in Europa l’Italia ha ancora degli alleati. Non è un caso che Weber abbia dichiarato: «Io voglio vedere l’Italia tra i Paesi che guidano l’Unione e questo è il motivo per cui sono qui. Il mio partito, che è quello di Tusk, ha vinto le elezioni. Siamo la forza di centro che ha guadagnato il maggior numero di parlamentari, anche rispetto a socialisti e liberali. Tocca a noi definire l’agenda dei contenuti». E ancora: «Per me come leader del Ppe è impossibile ignorare o isolare l’Italia. È un Paese centrale in Europa, uno dei padri fondatori. In Italia c’è una popolazione pro-europea, non c’è nessun partito che vuole uscire dall’euro come invece in altri Paesi. Lavorerò sempre per includere l’Italia nel processo delle decisioni», ha dichiarato il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo. Secondo Weber, «rispetto a due anni fa la percezione che si ha in Europa di Giorgia Meloni è che sia cambiata notevolmente e che Tajani abbia contribuito molto. Adesso lei è rispettata come primo ministro, il suo governo di centrodestra è visto come pro-europeo, un governo credibile che sta cercando di risolvere i problemi», ha affermato.

 

 

E, in questo senso, non si può dimenticare che le politiche impostate dall’Italia hanno costituito un modello che in molti hanno poi adottato in Europa. Sul fronte dell’immigrazione grazie agli accordi con Tunisia e Albania l’Italia ha permesso di allentare la pressione anche sull’Europa. E, nonostante, il mancato appoggio dei conservatori alla rielezione di von der Leyen l’Europa ha ancora bisogno dell’Italia, come ha di fatto confermato anche Weber. Quindi si mettano l’anima in pace Macron e compagni, il tentativo di escludere l’Italia dalla partita della Commissione non potrà andare completamente in porto. E in questo senso il nome di Fitto potrà essere un altro di quegli elementi che permetterà un riavvicinamento fra Bruxelles e Roma. Il suo nome è stimato in Europa e non si può pensare che un Paese come l’Italia, ma soprattutto il voto dei cittadini europei possa essere ignorato solo perché due ex come Macron e Scholz vogliono continuare a dare le carte.

 

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