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Ue, arriva la fumata bianca per Fitto commissario

Aldo Torchiaro
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«È tutto fatto, manca solo un ultimo step burocratico», ci dicono da Palazzo Chigi. Raffaele Fitto è il commissario italiano in pectore. La visita romana del leader popolare europeo, Manfred Weber, lo ha sugellato. Anche plasticamente, andando dritto da Fitto per un’ora, appena sbacato a Roma. Il ministro degli Affari europei e della coesione territoriale ha ipotecato il suo posto ai vertici della Commissione europea. Ex eurodeputato azzurro di matrice autenticamente popolare, ancora giovane ma già assai rodato, Fitto è il più stimato dall’entourage della Presidente della Commissione. Sarà suo, il nome sulla lettera che da Palazzo Chigi è ormai pronta a partire. E lo farà dopo che la premier Giorgia Meloni avrà ricevuto la riconferma, di cui ha parlato ieri con Weber, che all’Italia spetterà la vicepresidenza esecutiva dell’Unione.

 

 

Secondo quanto filtra nel corso del faccia a faccia a Palazzo Chigi, durato oltre un'ora e mezza, la premier ha discusso con il leader del Ppe dei principali dossier europei, dall'agenda strategica alla competitività passando per industria e migranti. Al termine nessuna nota ufficiale ma, dicono dall’entourage della presidente del Consiglio, «la condivisione della necessità di una visione meno ideologica da parte della nuova Commissione europea». Comunque, incontri positivi e tutti nel segno dell’accordo sul nome italiano che mancava. Come ribadiscono anche all’Udc. Weber, nel viaggio di lavoro a Roma, fa tappa anche nella sede del partito di Lorenzo Cesa e Antonio De Poli, membri storici del Ppe, i quali ripetono l’opportunità di sostenere il ministro degli Affari Europei. Non ci sono altri nomi. E se Weber fosse a Roma in veste di sub-commissario da parte della presidente della Commissione, non ci sono dubbi su quanto dovrebbe riferirle: Fitto is fit. È adatto, è pronto. Potrebbe essere un eccellente commissario alla concorrenza (sue le uniche soluzioni sui balneari arrivate sui tavoli della Commissione) come del Pnrr e coesione, che ha a lungo gestito in qualità di istituzione del principale paese beneficiario. Ha anche il merito di essere trasversale a tutto il centrodestra e perfino meglio introdotto nelle istituzioni europee di qualunque sherpa di Palazzo Chigi. Il suo vero grande sponsor si chiama Björn Seibert, un nome che dice poco ai più, ma rappresenta l’apice del potere europeo. È il capo di gabinetto di Ursula Von der Leyen. Amico personale ed estimatore del ministro ed ex governatore pugliese sin da quando Fitto sedeva tra i banchi del Ppe, Seibert è colui che ha preparato e istruito la pratica italiana presso Von der Leyen. «Seibert aveva già confermato un mese fa l’accordo per l’incarico al ministro», confida una fonte che ha preso parte agli incontri. L’attesa per l’indicazione formale del governo sarebbe stata solo un diversivo per consentire a Meloni di spuntare la vicepresidenza esecutiva. L’accordo su Fitto è tanto granitico che Seibert avrebbe suggerito a Von der Leyen di bypassare lo scoglio del doppio genere tra i candidati, uomo-donna. L’Italia non lo rispetta, presenta solo il nome di un uomo? Poco male, par di capire: così fan tutti.

 

 

Le proposte alternative, sondate a cavallo dell’estate, sono tramontate. Elisabetta Belloni rimarrà a capo del Dis. Letizia Moratti potrà iniziare da settembre il suo pieno mandato da europarlamentare (senza disdegnare puntate in Italia, come la manifestazione che farà a Genova, suo collegio elettorale, a metà settembre). La spedizione romana di Weber si è trasformata, ieri sera, in una piacevole cena tra amici quando ha raggiunto Antonio Tajani per una conversazione più diretta e informale di quelle avute in giornata. L’asse Italia-Germania poggia su quello tra Cdu e Forza Italia, partiti fratelli che non mancano occasione per mostrarsi tali. Anche le uscite ferragostane di Tajani sullo Ius scholae sembrano provenire dai ragionamenti fatti con i tedeschi. Mentre Weber è diventato, ai piani alti di Bruxelles, “l’avvocato degli Italiani”. La soluzione Fitto piace anche a chi spera di portare ECR a votare più generosamente con la maggioranza, in futuro. E serve a Giorgia Meloni, che vede come fumo negli occhi l’ipotesi del Meloni-bis e sa che, spostando Fitto, può redistribuire le deleghe spacchettandole senza sbilanciare gli equilibri di maggioranza.

 

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