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Calenda copia Renzi e guarda al Pd, ma tratta pure con Tajani. Ed è gelo

Mira Brunello
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Che poi c’è da capirlo. Lui aveva in mente tutt’altro, sicuramente un altro percorso. A partire dall’estate di cinque anni fa, quando Carlo Calenda esce dal Nazareno e straccia la tessera del Pd, il partito in cui era stato eletto eurodeputato pochi mesi prima. «L’accordo con il M5S vuol dire rinunciare a fare politica», scrisse tutto d’un fiato al segretario dell’epoca Nicola Zingaretti. Aveva grandi disegni allora, costruire il Partito d’Azione, e trovare un consesso di iniziati, che fossero finalmente alla sua altezza. In realtà per mesi sor Carlo, restò in compagnia del solo Matteo Richetti, l’emiliano, in rotta con l’antico sodale della Leopolda, che ostinatamente continuava a sognarsi Presidente di qualcosa. Fu un periodo tutto sommato sereno quello, un po’ di talk show per sfoggiare la propria sicumera e lunghe discussioni storiche con il compagno di partito, che prevalentemente ascoltava le sue lezioni. Il partito d’Azione alla fine ha perso il prefisso, forse anche a lui è sembrato un po’ troppo paragonarsi a Ferruccio Parri, così prende forma in modo più smart Azione. E da allora un continuo saliscendi.

 

 

Sor Carlo non è diventato sindaco di Roma, non è diventato lo sparring partner di Enrico Letta, si è rifugiato tra le braccia di Matteo Renzi (che per la cronaca se l’è mangiato), con tutto quello che ne è conseguito perla gioia dei quotidiani che sulle dispute tra il fiorentino ed il pariolino ad ‘honorem’ hanno riempito le pagine per anni. Infine l’ultima disavventura: non è diventato europarlamentare (lo era già stato in passato ma intanto a Bruxelles litigava con tutti e non andava mai), stessa sorte capitata al suo odiato ex presidente del consiglio. Rimasti a Roma a leccarsi le ferite, per una volta hanno avuto la stessa idea. Perché non sentire zia Elly? La sfortuna è che ancora una volta, il fiorentino ha bruciato i tempi: ha servito una buona palla in fuorigioco alla segretaria del Pd, ed il gioco è fatto. L’altro che era già d’accordo di raggiungere, nel caso anche a piedi, il Nazareno, si è fermato in tempo utile per fumare una sigaretta, «non posso arrivare dietro a quello». Una scelta solo rinviata, tanto per calmare un po’ anche gli insofferenti di casa sua: Maria Stella Gelmini, Enrico Costa, Mara Carfagna, Giusi Versace e Giulia Pastorella, che del Pd non vogliono sentir parlare.

 

 

Basta fare le cose con calma e a sangue freddo, implora sor Carlo, che pure è conosciuto come un bel "fumino". Però a Reggio Emilia, sul palco della festa nazionale dell’Unita, martedì scorso, insieme al 5 Stelle Stefano Patuanelli ed al dem Antonio Misiani, il leader di Azione, si è preso una bella soddisfazione. Sapessi i battimani in platea, «Carlo, Carlo torna, quanto ci stai simpatico». Lui, che intanto a Montecitorio sta per incassare la presidenza di una nuova Commissione d’inchiesta (demografia) per la fidata Elena Bonetti, fa il furbo sullo ius scholae, inventandosi interprete di Forza Italia. Il metodo usato da Calenda è "ridicolo", dice il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, e resta da capire se sia una constatazione o un diverbio.

 

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