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Orlando, ultimatum a Elly: decidi o ritiro la candidatura. Pesa il no di Conte

Mira Brunello
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La pentola a fuoco lento, sta per arrivare alla giusta temperatura. È la tecnica per bollire la rana, una metafora poco ortodossa, che qualche volta viene usata anche in politica. In pratica lo stato d’animo di Andrea Orlando, lasciato a candire in Liguria, nel totale silenzio di Roma. Persino la segretaria del Pd andando in vacanza, si è dimenticata di lasciare istruzioni sul destino del suo collega di partito, che da due mesi aspetta il via libera alla sua candidatura alla successione di Giovanni Toti. Un imprimatur che naturalmente non è mai arrivato. Così l’ex ministro ha dovuto subire l’onta di vedersi affiancato dall’uomo di Giuseppe Conte (oltre che dall’ex grillino Nicola Morra) il senatore violinista Luca Pirondini, messo in campo dal M5S per ostacolargli la corsa, per stremarlo e costringerlo alla resa. Per Andrea Orlando la misura è colma: «l'invito che faccio è a non perdere tempo prezioso per indicare soluzioni e proposte concrete ai liguri e al sistema economico e sociale della regione. Per quanto riguarda la mia disponibilità è una carta sul tavolo della coalizione - dice da Santo Stefano Daveto- se non dovesse servire va tolta e ne va verificata un'altra che, se unisce di più, sono disponibile a sostenere. L'importante è fare presto», concetti che ribadisce un po’ a tutti.

 

 

Un modo formalmente cortese per nascondere (a stento) una vera e propria arrabbiatura: contro Elly Schlein naturalmente, contro il suo partito, contro gli alleati giudicati ondivaghi ed inaffidabili. Una settimana di tempo per decidere, prendere o lasciare, Orlando non ha altro tempo da dedicare, l’affronto è già abbastanza pesante. Insomma il ritorno al Nazareno non sarà semplicissimo per la leader, dovrà chiudersi in una stanza con Conte, e trovare una via d’uscita al diktat di Campo Marzio: impossibile avere tre candidati dem per le tre regioni che andranno al voto, Emilia Romagna ed Umbria oltre alla Liguria. E questa volta l’ex presidente del consiglio pretende un "risarcimento" concreto, per rinunciare al suo pupillo, chiede posti determinanti nell’organigramma regionale, no ad altri "assegni a vuoto", altri impegni a parole non saranno accolti. Altra possibilità, a questo punto altrettanto concreta, è che parta la ricerca di un terzo candidato, con il conseguente sacrificio del big Pd. Uno scenario già visto molte volte durante i confronti muscolari tra dem e 5 Stelle.

 

 

Insofferente anche Ferruccio Sansa, il giornalista del Fatto Quotidiano sconfitto da Toti nel 2020: «Abbiamo perso mesi senza discutere di programmi e idee e senza scegliere il candidato ma parlando di strategie e chiacchiere - si sfoga sui social- mentre forse qualcuno sperava di guadagnare spazio politico, discutendo di Renzi, un partito che quasi tutte le forze del centrosinistra hanno detto di non volere e che a Genova sta con Bucci e che in Regione vorrebbe stare con il centrosinistra». Già Matteo Renzi, l’altro tassello che manca. Il leader di Italia, che pur pronto a sacrificare lo storico sodalizio con il primo cittadino di Genova, continua ad essere osteggiato. Anche Giuseppe Conte, nell’intervista domenicale a Repubblica, ribadisce: «Per aggregare un due-tre per cento di voti, si farebbero scappare tutti gli elettori del M5S e anche una buona parte di quelli del Pd. In tanti mi fermano per strada e mi implorano di non imbarcare Renzi. Temono la sua capacità demolitoria, si è sempre distinto per farli cadere, i governi, anziché per farli durare. Senza contare le volte che in Parlamento ha votato con la destra». Una posizione che sembra irremovibile, nella sostanza è condivisa anche dal duo Bonelli Fratoianni. Insomma, problemi su problemi per Elly Schlein, la quadratura del cerchio non sarà facilissima. Basterà nascondere Renzi, Calenda e qualche altro centrista in una lista senza nome? E come finirà in Liguria con la ‘rana’?

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