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Massimiliano Cencelli: "Inventai il manuale. Vi spiego le nomine e la politica"

Gaetano Mineo

«Ma quale manuale Cencelli, oggi non esiste più, la politica è cambiata ma le nomine sono state e saranno sempre una questione politica». Con i suoi 88 anni, il padre del "manuale Cencelli" non lascia spazio a dubbi su come vadano ricoperti i posti chiave degli enti pubblici e delle varie costellazioni statali-istituzionali. Massimiliano Cencelli, storico ex dirigente della Democrazia cristiana, ci racconta, in sostanza, come fosse una cosa normale che attorno a un tavolo la politica decidesse chi doveva ricoprire le ambite poltrone come «Rai, Eni...». In altri termini, quale reato, quale traffico illecito di influenza, per Cencelli. È opportuno ricordare, che il cosiddetto "manuale Cencelli" rappresentava un simbolo della politica spartitoria della Prima Repubblica. Cosa ereditata anche dalla Seconda Repubblica, ma in modo più "privatistico" che politico, aggiungiamo noi. «Caro dottore, lo sa che leggo il quotidiano Il Tempo da quando avevo 18 anni?», ci dice entrando a gamba tesa nel corso della nostra intervista. Cosa che ci fa, ovviamente, piacere. Ci ricorda anche che suo padre era l'autista di papa Pio XII («ma leggeva l'Osservatorio Romano»), una sorta di preambolo per dire che lui è un democristiano doc, «con la tessera del partito firmata da Alcide De Gasperi» di cui ieri, proprio ieri, sono trascorsi settanta anni dalla sua scomparsa.

Massimiliano Cencelli, come è cambiata la politica rispetto ai suoi tempi?
«Ricordo quando a Roma, la sezione Borgo della Democrazia cristiana, era un luogo vivace dove si discuteva di politica. Anche allora, le discussioni erano animate e coinvolgevano molti temi, inclusi quelli legati alle nomine politiche e ai personaggi influenti.
Era un periodo in cui la partecipazione politica era molto attiva e coinvolgente, creando un forte senso di comunità. Questo ambiente era particolarmente formativo per i giovani, che potevano avvicinarsi alla politica e partecipare attivamente alle discussioni».

Come avvenivano allora le nomine governative o di enti pubblici?
«In passato, le nomine per posizioni chiave all'interno della Rai, per esempio, erano strettamente legate a decisioni politiche. Ricordo bene quando, si parlava delle nomine dei direttori generali era evidente a tutti che si trattava di una questione politica. I partiti si riunivano, spesso in modo informale, per decidere chi avrebbe ricoperto determinati ruoli. Queste riunioni erano momenti di intensa trattativa, dove ogni partito cercava di ottenere posizioni di potere all'interno della tv pubblica, ma anche in altri ambiti. Vorrei precisare...».

Prego.
«Questo sistema, per quanto criticabile, garantiva che ogni decisione fosse in qualche modo il risultato di un compromesso tra le varie parti politiche. Oggi, invece, mi sembra che la situazione sia cambiata, non è del tutto chiaro quale direzione hanno preso queste dinamiche. Altro che "manuale Cencelli" di cui oggi s'è perso il suo significato. La politica è cambiata, con dinamiche più fluide, personalizzate e meno predicibili. Un fatto è certo, quando una volta facevano le nomine, individuavamo soggetti con gli attributi. Oggi non saprei».

Vuoi ricordare un aneddoto in particolare?
«Ricordo che nel 2004, in occasione del monumento dedicato ad Alcide De Gasperi in Piazza delle Fornaci a Roma, la figlia dello statista si avvicinò a me e mi disse: "Papà meritava di più". Le ho detto tutto, caro dottore».