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Meloni e Toti, politica tenuta in scacco dai pm: perché va abolita quella legge

Dario Martini
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Il primo a prendere la parola ieri mattina è Giovanni Toti, l’ex governatore ligure costretto alle dimissioni, unica via d’uscita dagli arresti domiciliari durati oltre 80 giorni. E decide di affrontare il caso che ha coinvolto Arianna Meloni, la sorella della premier che secondo un’editoriale del direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti potrebbe venire indagata per traffico d’influenze dopo l’uscita di alcuni articoli su un suo presunto interessamento sulle nomine di Rai e Trenitalia. «A me stupisce la reazione dei partiti - scrive Toti su Facebook - Arianna Meloni è accusata, dalla politica per ora, vedremo se anche dalla magistratura, di essersi occupata di nomine e designazioni ai vertici di aziende di Stato. Ma questo è il punto! Scusate ma chi dovrebbe nominare i vertici di quelle società se non chi ha vinto le elezioni?».

 

 

 

Tutto ruota attorno a questa fattispecie di reato. Il traffico d’influenze, appunto. In molti da tempo chiedono di abolirlo. Perché non è un mistero che il più delle volte si riveli un flop: con assoluzioni che segnano inevitabilmente la fine di processi lunghissimi.
Ma nessuno risarcisce chi di questo reato è stato accusato per anni e i politici vengono azzoppati spesso irrimediabilmente. Tanto per citarne alcuni, il caso più noto è quello di Tiziano Renzi, padre di Matteo, indagato dalla Procura di Roma con questa accusa, e assolto dopo anni. Assolto pure Italo Bocchino, ex deputato di An, indagato nella stessa vicenda. Ma c’è anche Beppe Grillo, indagato peri rapporti con l’armatore Vincenzo Onorato, per cui la procura di Milano ha chiesto l’archiviazione a giugno scorso. Prosciolto Tommaso Foti (FdI), archiviata Gianluca Gemelli, compagno dell’allora ministra dello Sviluppo Federica Guidi che fu costretta dimettersi.

 

 

Giovanni Toti, sempre in riferimento alla vicenda di Arianna Meloni, mette tutti di fronte al problema: «Scusate, ma chi dovrebbe nominare i vertici di quelle società se non il capo della segreteria politica del partito vincitore delle elezioni? Viviamo in democrazia! Il giudizio degli elettori conta oppure non conta nulla?». Ecco allora che l’ex governatore propone di cambiare la legge che« impedisce alla politica di fare il suo mestiere» e che il Parlamento «colpevolmente» ha approvato, «così non ci saranno indagini di cui indignarci». Intanto, sono proseguite le polemiche, con Italia Viva che si difende, sostenendo di non aver nulla a che fare con il presunto complotto che riguarda Arianna: «I fantasmi delle sorelle Meloni non spaventano Iv, io sono una vittima del sistema Palamara, non il mandante». Renzi è finito al centro delle polemiche dopo che Maria Elena Boschi e Raffaela Paita avevano chiesto alla sorella della premier di chiarire sulla presunta ingerenza nelle nomine.

 

 

Ma ieri è stato anche il giorno della discesa nella contesa dell’Associazione nazionale magistrati: «Quello in corso è l’ennesimo attacco alla magistratura, volto a delegittimarla adombrando presunti complotti. Un esercizio pericoloso che indebolisce le istituzioni repubblicane e danneggia l’intero Paese». Presa di posizione a cui decide di replicare il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro di FdI: «Stranisce la dura presa di posizione di Anm contro l’articolo di Sallusti su Arianna Meloni. Sallusti ha riportato dati veri ed incontrovertibili in ordine alle illazioni infondate e alla calunnie alimentate dalla sinistra e da certo giornalismo. Allo stesso modo Sallusti ha ricordato che in altri tempi, tali notizie venivano date non per raccontare un fatto, ma per determinarne un altro. Le conclusioni di Fratelli d’Italia su questi giorni sono chiare: è necessario smettere di provare a tirare la magistratura per la giacchetta. Una riaffermazione della indipendenza della magistratura di cui nessuno dovrebbe dolersi».

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