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Arianna Meloni, ombre di indagini. La premier: "Schema già visto con Berlusconi"

Dario Martini

«Contro Arianna mosse squallide e disperate. Se fosse vero dimostrerebbe solo che stiamo smontando un sistema che tiene in ostaggio il paese». Giorgia Meloni affida queste parole all’Ansa per commentare le "ombre" di indagini che riguarderebbero la sorella. Tutto nasce dall’editoriale di ieri mattina del direttore de "Il Giornale" Alessandro Sallusti dal titolo eloquente: «Vogliono indagare Arianna Meloni». La tesi è la seguente: la responsabile della segreteria politica di Fratelli d’Italia sarebbe vittima di un complotto che si muove su tre direttrici: «Una procura orientata, un paio di giornalisti complici e un gruppo politico che faccia da sponda». In pratica, il cosiddetto metodo Palamara. La procura orientata ancora non si conosce, mentre secondo questa ricostruzione, le testate giornalistiche in questione (pur senza citarle) sarebbero "Il Fatto quotidiano" e "la Repubblica", che nei giorni scorsi, il 13 e 14 agosto, hanno evocato il ruolo di Arianna Meloni nelle nomine che riguardano la Rai ed un presunto avvicendamento alla guida di Trenitalia. Il gruppo politico, invece, è Italia Viva, tanto che il direttore de "il Giornale" cita la coordinatrice nazionale Raffaella Paita, la deputata Maria Elena Boschi e lo stesso leader Matteo Renzi. Ieri tutti e tre hanno chiesto una perentoria smentita, rinnovando al tempo stesso l’invito ad Arianna Meloni affinché chiarisca.

 

  

 

 

Ma quale sarebbe il supposto reato che starebbe dietro a questo complotto? È sempre Sallusti ad ipotizzarlo, ricorrendo ad una dichiarazione della stessa Paita, quando la senatrice ha parlato di «influenza sulle nomine» riferendosi ad Arianna. Tradotto: traffico di influenze. Nona caso il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro commenta: «Si è passato il segno associando la parolina magica "influenza" ad Arianna Meloni e quindi accusandola indirettamente di un reato: il traffico di influenze. Siamo convinti che l’ormai evidente tentativo di alimentare una bufera mediatica e magari anche giudiziaria andrà a vuoto». Il sospetto, tra le fila della maggioranza, è che un’eventuale inchiesta abbia proprio l’obiettivo di bloccare la riforma della giustizia tanto invisa alle toghe rosse. Per Giorgia Meloni si tratta di «uno schema visto e rivisto, soprattutto contro Silvio Berlusconi - dice ancora all’Ansa - Un sistema di potere che usa ogni metodo e ogni sotterfugio pur di sconfiggere un nemico politico che vince nelle urne la competizione democratica. Hanno setacciato la vita mia e di ogni persona a me vicina senza trovare nulla per attaccarci. Se fosse vero che ora sono passati alla macchina del fango e alla costruzione a tavolino di teoremi per sperare in qualche inchiesta fantasiosa contro le persone a me più vicine, a partire da mia sorella Arianna, sarebbe gravissimo».

 

 

 

Il deputato e responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli spiega qual è - a suo dire - la strategia che sta dietro tutto ciò: «L’unica colpa di Arianna è essere sorella di Giorgia. Potrebbe esserci il tentativo di inquinare la democrazia, condizionare, indebolire e ricattare il governo tramite questo colpo basso e surreale. Una cospirazione di giornalisti, politici di sinistra e magistrati compiacenti per creare un evento politico. Attenzione, non per accertare un ipotetico reato». Mentre la senatrice Michaela Biancofiore, presidente del gruppo Civici d’Italia, «l’aggressione ad Arianna è inquietante, un ricatto sulle nomine».
Dal fronte delle opposizioni interviene invece un iper garantista come Enrico Costa di Azione: «Ci risiamo. Sallusti lancia il trailer di un film già visto troppe volte. Si evoca un reato con cognome celebre, si apre l’indagine, i retroscena sui giornali, le richieste di chiarimenti in Parlamento, gli inviti alle dimissioni e fra qualche anno "puf", tutto nel nulla. Che palle».