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Meloni, parte il rush finale per il commissario europeo

Aldo Torchiaro
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La lettera del governo italiano con l’indicazione delle nomine per la nuova Commissione non è ancora stata spedita. Altri lo hanno fatto. Giorgia Meloni no. D’altronde Ursula von der Leyen vuole avere tutti i nomi entro il 30 agosto. Sperava di averli anche due settimane prima, ma non c’è un termine rigoroso. L’incastro non è facile, il compito della presidente della Commissione poco invidiabile. Deve fare i conti con una maggioranza più composita e multiforme di quella del primo mandato. E con un mosaico di personalità, provenienze, compatibilità da far rabbrividire anche nel clima torrido di questa estate.

Di fatto, la lettera da Roma non è partita. Il governo Meloni sta verificando pesi e contrappesi, rischi e opportunità. Questa pausa di Ferragosto può portare l’attesa schiarita. E che avvenga proprio in Puglia, terra di Raffaele Fitto. Il ministro della coesione (e del Pnrr) se ne sta al mare, è vero, ma con i motori accesi per raggiungere Giorgia Meloni, a breve distanza a Ceglie Massapica, come pure Matteo Salvini, ospite della vicina masseria di Bruno Vespa. Un incontro tra loro – presente nel resort di Meloni anche il ministro Francesco Lollobrigida, con la moglie Arianna – non figura nelle agende ufficiali ma è da darsi, conferma una fonte dell’inner circle, per scontato. Non sarà una coincidenza se è arrivato da quelle parti anche Alfredo Mantovano. E proprio ieri è stato dato ordine di allontanarsi ai giornalisti assiepati fuori dal resort della premier, anche per smetterla di prendere nota di ogni macchina in arrivo e in uscita.

Si impone la discrezione dei Agosto Il termine entro cui von der Leyen vuole avere scelto tutti i commissario che faranno parte della sua squadra momenti importanti. Così mentre gli italiani staranno sotto all’ombrellone, una parte del governo sarà riunita all’ombra degli ulivi di Borgo Egnazia. Ma non tutto potrebbe filare liscio come l’olio. Muovere Raffaele Fitto, autentico asso dell’esecutivo in grado di ricucire ogni strappo con l’Europa, ha tanti pregi quanti svantaggi. Per lui, pontiere tra Ppe e Ecr, potrebbe aprirsi la strada del commissario alla concorrenza. O alla coesione, che è la sua materia. «Meloni sa che se muove una trave, innesca un effetto domino. Uno spostamento di caselle che può far venire giù tutto», sussurrano ai piani alti di via della Scrofa. Il ministro ed ex governatore pugliese però ha già incassato il sì degli alleati, incluso quello definitivo di Fulvio Martusciello, capodelagazione europeo di Forza Italia: «Per noi l’unico nome da indicare è quello di Fitto». Però vanno fatti i conti con la realtà. E con l’Europa. Nelle indicazioni, von der Leyen ha chiesto a ciascun governo di sottoporre due nominativi, non uno solo. Un uomo e una donna.

Molti governi hanno fatto orecchie da mercante e presentato la sola candidatura maschile. «Troppi uomini!», si sarebbe sfogata Ursula. Emmanuel Macron ha chiesto per la Francia la riconferma del commissario all’industria, Thierry Breton. La Polonia, solerte nel farsi avanti, punta al bilancio indicando, da parte di Donald Tusk, il nome di Piotr Serafin. Adesso che sta alla premier Meloni predisporre la sua lettera, si atterrà alla richiesta dei nomi con alternanza di genere o – come ha fatto sapere più volte – valuterà cos’è meglio fare a prescindere dalle quote rosa? Circola da mesi il nome di Elisabetta Belloni, che Palazzo Chigi vedrebbe bene come commissaro ai Migranti. Se il governo italiano sta sulla difensiva, in Europa, tanto vale farsi difendere da chi lo sa fare. Gli sherpa dicono che il nome di Belloni è sul piatto, ma come nome di riserva. Azzardano perfino, giocosamente, un pronostico : «75% Fitto, 25% Belloni».

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