politica & giustizia
Giancarlo Galan: "Toti lasciato solo, non vinciamo con una destra garantista a giorni alterni"
«In Liguria si vince facile contro compagni e giudici, ma il centrodestra deve credere in Toti. La maggioranza è garantista a giorni alterni. A parte qualche nota stampa, l’ex governatore abbandonato da chi doveva difenderlo, senza se e senza ma. La lezione liberale di Berlusconi non è stata compresa. Senza di questa, però, né io, né altre vittime della malagiustizia, l’avremmo mai spuntata sulle toghe rosse». A dirlo Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto, noto per aver subito un calvario simile a quello del dimissionario presidente della Liguria e aver trasformato la clava di una certa magistratura, nel collante che, poi, gli ha consentito di spuntarla in quella che veniva considerata la culla di mamma Dc.
Quale consiglio si sente di dare a Toti?
«Innanzitutto non dovrebbe mollare rispetto a una persecuzione giudiziaria vera e propria. Mai arrendersi. Toti deve rifiutare il giudizio immediato e pretendere un processo vero. Se l’avessi fatto io, ci sarebbe stato da divertirsi. Se c’è un qualcosa di cui oggi sono pentito, è non aver perseguito questa strada. Sono stato indotto, purtroppo, a comportarmi in un certo modo. Anzi, sono stato "ricattato". Ancora oggi, infatti, non conosco il motivo per cui ero stato messo in carcere. Dovrebbero spiegarmelo. Nessuno mi ha mai interrogato. Prevaleva probabilmente la paura che avessi tirato fuori qualcosa di scomodo. Il carcere, verso di me, fu usato come tortura».
Perché, allora, accettò il patteggiamento?
«La risposta è semplice. Avevo una bambina di 7 anni e da padre non potevo agire in modo differente. Altrimenti avrebbero chiesto un giudizio immediato e dato, che eravamo a Venezia, era quasi scontata quale sarebbe stata la sentenza. Avrei iniziato a scontare la pena e poi avrei dovuto aspettare il giudizio d’appello. Sarei potuto rimanere due o tre anni in una cella comune senza protezione. Facile, dunque, capire le ragioni della mia decisione».
Dal punto di vista politico, cosa si sente di dire al suo centrodestra?
L’ormai ex governatore della Liguria si è dimesso dopo essere stato per 86 giorni agli arresti domiciliari nella sua casa ad Amaglia. Decisive le domissioni da presidente della Regione. Toti era stato accusato prima di corruzione e poi di finanziamento illecito per alcuni spot a pagamento «Dovrebbe essere più garantista. Lo è, invece, a giorni alterni o meglio a parole. A parte qualche nota stampa, Toti è stato lasciato solo».
Il ministro Nordio, però, è un giustizialista della prima ora...
«Ho avuto modo di conoscerlo in quel di Venezia. Quando si è discusso di carcere preventivo, ha sostenuto che non faceva male a nessuno.
Non dimentichiamolo».
Quali le ragioni per cui Toti non avrebbe ricevuto un supporto forte?
« Toti ha subito una vigliaccata. Nonostante ciò non è stato difeso abbastanza. Per quanto mi riguarda, fui abbandonato perché era un momento delicato per Berlusconi. Eravamo ai tempi del Ruby-ter. In questa fase, però, non comprendo tale presa di distanza. Non mi pare, infatti, che nessuno si stia svenando per sostenerlo».
Non si rischia di consegnare la Liguria alla sinistra?
«Bisogna innanzitutto serrare le file. Se non si è uniti, si perde. Mentre a Roma c’è compattezza, sui territori si sommano motivazioni che finiscono col dividere. Mi riferisco a retaggi personali non indifferenti, che a livello nazionale si superano facilmente, grazie a una leadership forte, come quella di Meloni».
Il calvario giudiziario, nel suo caso, però, ha aiutato il suo gruppo a ritrovare la compattezza perduta...
«Non lo so. Ritengo, piuttosto, di aver potuto contare su una squadra coesa, che col mio coraggio di espormi, è diventata una corazzata».
Cosa ne pensa della recente riforma della giustizia?
«È sempre meglio delle precedenti, ma mi aspettavo di più. A dirlo chi è stato trascinato in politica per portare a compimento la rivoluzione liberale. In quest’Italia, purtroppo, ancora troppi i magistrati che fanno quello che vogliono».
Il fronte liberale, dunque, è debole?
«L’Italia non è mai stata un paese liberale. Tale componente, per l’influenza, cattolica, comunista e del dopoguerra in generale, non è mai riuscita a trovare il suo posto. Questa la ragione per cui la rivoluzione di Berlusconi fece breccia nel Paese».