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Campo largo, Fico rinsalda i rapporti con il Pd in cambio della poltrona di De Luca

Aldo Torchiaro
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Giuseppe Conte e Beppe Grillo sono ai ferri corti. In una estate torrida, la loro è la «guerra fredda» di cui si parla nelle chat 5 Stelle. Il Movimento si è trasferito tutto su Whatsapp: nell’estate della politica, tra feste de L’Unità, Meeting e festival di ogni tipo, il M5S cerca di passare la stagione calda standosene all’ombra. Si preparano le carte. Il leader guarda alla prossima Assemblea costituente, divisa in tre fasi e affidata all’organizzazione della società Avventura Urbana come a un turning point. Un momento di reset generale essenziale per tirare una riga ed estromettere il comico da tutta la gestione del Movimento. Lui oppone resistenza, tiene il blog all’opposizione del partito contiano e rinsalda la sua rete, che può contare sul malcontento di tanti dei protagonisti della prima ora, successivamente «pensionati» da Conte.

 

«Ci sono trecentomila motivi di tensione tra i due», riferisce al Tempo un ex senatore che conosce le carte. Il riferimento, non troppo criptico, è alla consulenza per la comunicazione che i gruppi pentastellati di Montecitorio e Palazzo Madama si sono impegnati a riconoscere al Fondatore. Grillo non vuole uscire del tutto dalla governance del Movimento perché sa che in quel caso, in un prossimo futuro, potrebbe perdere quell’appannaggio. Modello già applicato da Conte alla Casaleggio Associati, trovatasi di punto in bianco da referente unico per il web a « azienda fornitrice esterna con cui valutare, eventualmente, l’opportunità di collaborazione », come dissero i nuovi vertici dopo il passaggio di consegne di Di Maio.

Vero è che Grillo oggi rimane una figura poco più che simbolica: da Garante non ha potere di veto sulle decisioni politiche. Ma qualche carta ce l’ha. Grillo l’avrebbe affidata agli avvocati Andrea e Paola Ciannavei, che dal loro studio in via Nomentana (di fronte all’ex residenza privata di Mussolini) si sono occupati di dirimere le liti tra iscritti e Movimento sin dagli albori.

Ma cosa ha in mano, il Fondatore? È proprietario unico del vecchio simbolo del M5S, mai legalmente archiviato, e controlla la precedente associazione Movimento Cinque Stelle, mai formalmente cessata. Che a leggere tra le righe dei documenti gelosamente custoditi risulta ancora essere guidata da Luigi Di Maio.
Il simbolo utilizzato oggi da Conte non è che un restyling del primo, quello originario. In caso di controversia legale, sarebbe facile evidenziare come il valore elettorale del 5Stelle contiano derivi direttamente dai beni di cui è titolare Grillo. E allora si tratta di firmare una pax grillina, prima che sia troppo tardi. Ascoltare, garantire, soddisfare tutti. A partire dai più vicini al Fondatore: Virginia Raggi fa squadra con Grillo e con Davide Casaleggio. Con Alessandro Di Battista, il cui rientro potrebbe conferire in dote al Movimento. E con Roberto Fico.

 

Già, l’ex presidente della Camera sembra fuori dai radar della politica. In realtà sta lavorando a un certo disegno. Anche grazie ai buoni uffici del padre, ex dirigente bancario di peso, ha rinsaldato i rapporti con il Nazareno e fatto sapere che lui, a partire dalla sua Campania, c’è. Ci sarebbe. E se Vincenzo De Luca si convincesse a fare un passo indietro, ecco pronta la sua disponibilità a guidare la coalizione del campo largo: Roberto Fico si candiderebbe volentieri come governatore della Campania, a valle di un accordo nazionale nel Movimento tra Conte e Grillo e prima ancora che le due donne emergenti, Raggi sul versante del Fondatore e Alessandra Todde su quello di Conte, possano rivendicare un cambio di leadership al femminile.

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