M5S, la faida Conte-Raggi mette nei guai la Sardegna. E Todde è già in crisi
La felice Sardegna, l’isola della rinascita del campo largo, è l’epicentro di un nuovo terremoto progressista. Il sisma, stavolta, non riguarda il solito Nazareno, ma il variegato Movimento 5 Stelle e le aspirazioni alla leadership pentastellata. Se qualcuno pensava che, a quelle latitudini, fosse partito un lungo corso all’insegna dell’unità, si è sbagliato. A Cagliari non passano neanche cinque mesi e siamo di fronte all’ennesima guerra tra bande. Pomo della discordia, sulla carta, è la sanità. La verità, però, è un’altra, ovvero che, nella capitale, non tutti fanno salti di gioia per l’ascesa della governatrice Alessandra Todde. Giuseppe Conte, in particolare, non vuole altri rivali interni. Spaventato dalla rivoluzione di Virginia Raggi che, come riportato su queste colonne, vorrebbe rubargli il posto, meglio bloccare, sin dal principio, ogni possibile aspirazione, soprattutto se si tratta di quote rosa, amministratrici stimate e con consenso. I battitori liberi, tra i grillini, hanno sempre fatto paura. Ragione per cui lo stesso Giuseppì aveva inviato in Sardegna il suo ex sottosegretario alla Salute e fedelissimo Armando Bertolazzi. Lo stimato medico romano aveva il compito di vigilare affinché su un tema delicato come la salute, dove girano non pochi soldini, si rispettasse una determinata linea. Dopo qualche mese, dunque, prende vita il classico orticello, qualcuno lo chiama feudo. Parola ovviamente non gradita alla pentastellata delle origini, così come agli alleati dem, che non vedevano l’ora di poter occuparsi di sanità. Ragione per cui sorge la classica spaccatura, che, col passare dei giorni, porta a un vero e proprio isolamento del camice di Harvard.
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Questo, però, non ci sta all’accerchiamento e si crea un gruppetto di amici consiglieri, facendo leva sui soliti mal di pancia legati alle nomine. Inizia così ad alzare la voce e a fare richieste poco gradite. Il clima, quindi, si surriscalda e si arriva al vertice chiarificatore di qualche giorno fa, in cui si sarebbe fatto un punto sugli equilibri interni. A parte le note di facciata, per cui sarebbe stata trovata la quadra in quella riunione, non solo sarebbe venuta fuori la spaccatura nella maggioranza Todde, ma soprattutto si amplia la frattura nel Movimento, che guarda caso è legata alle vicende nazionali sulla leadership. Bertolazzi, il braccio di Conte, infatti, non solo ha chiesto garanzie sulla posizione in giunta, pur essendo poco apprezzata da gran parte dei suoi colleghi, ma avrebbe voluto mandare un messaggio chiaro indirizzato alla presidente da parte del suo mentore Conte: «Se fai di testa tua, se continui ad andare dietro a Schlein, con qualche brindisi di troppo col Nazareno e soprattutto se ascolti qualche donna in ascesa, come Virginia Raggi, salti subito, vieni fatta fuori dai palazzi».
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Il legale di Volturara Appula odierno, infatti, non ha niente a che vedere con quel professorone arrivato come civico a Palazzo Chigi. Ormai ha assunto le sembianze del peggiore stratega Dc, del baleniere che divide per regnare, del capetto che elimina il profilo emergente dal principio. Il pericolo rosa, reso pubblico dal «Tempo», d’altronde, è più di un semplice incubo per chi vuole tornare quanto prima a Piazza Colonna, per chi è stato costretto ad accettare la subalternità al Pd, a causa di disastrose europee. Il pugliese tutto voleva tranne che sottostare alla prima Elly che gli capitava davanti. Ecco perché un possibile asse fra Virginia e Alessandra, l’ascesa dell’ennesima sindaca con i voti, fa tramare i polsi e non poco a chi vorrebbe solo yes-men, vedi i ragazzini al primo mandato in quel di Montecitorio e non cinquantenni navigati, come la presidente sarda, che dalla propria isola sognano un futuro in grande.
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