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Schlein cerca il "dopo lavoro" a Gentiloni e pensa alla fondazione di Zingaretti

Mira Brunello
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 «Che fa Paolo ?», è diventato un po’ il nuovo modo in cui si riconoscono due persone del Pd che si salutano a Roma. Non che il fatto non sia rilevante, oggettivamente è successo poche volte: dunque Paolo Gentiloni sta per lasciare l’incarico di commissario a Bruxelles e non ha ancora trovato la prossima occupazione. L’ultima volta che era successo, ovvero che fosse semplice deputato del Pd, nel 2013, l’anno dopo fu promosso da Matteo Renzi ministro degli Esteri, poi, ca va sans dire, direttamente Presidente del Consiglio. Da quel periodo è nata una sorta di massima: non lasciare mai Gentiloni senza un incarico, perché poi diventa il candidato naturale a prendere il tuo.

 

Nel senso che Paolo con il tempo si è trasformato nella personificazione della riserva della Repubblica, gli si può far fare ogni cosa e lui resta con quello sguardo immutabile, la battuta pronta, in perfetto stile "gentiloniano", ovvero il pesce in barile. Dire e non dire, alludere con un tono di voce misurato, pronunciare la più terribile stilettata ma diluirla con un sorriso, insomma qualità inconfondibili, che il soggetto in questione ha imparato dopo perigliose navigazioni intorno alla sinistra, che manco in un film di Nanni Moretti. Paolo poi è amico di tutti, lo diventò di Silvio Berlusconi e del mondo Mediaset, da ministro delle Comunicazioni del secondo Prodi, per dire che sarebbe stata un’impresa impossibile per chiunque. Non per lui, cresciuto con Francesco Rutelli al Campidoglio, la versione italica di "Fame, saranno famosi", accompagnato dalla "meglio gioventù", le partite a tennis con Ermete Realacci e Chicco Testa, e qui era già puro Enrico Vanzina, una "Sapore di mare" ma sotto il Cupolone.

Ora al Nazareno, gli amici di Elly le dicono che deve preoccuparsi, darsi da fare, insomma trovargli un’occupazione. Lei, che sarà pure diventata pop ma ancora non è entrata nel mood dell’importante compagno di partito, ha pensato subito alla Fondazione, quella inventata da Gianni Cuperlo e poi donata da Elly con grande sconcerto a Nicola Zingaretti. Insomma la fondazione Demo, che è il vero dopo lavoro ferroviario degli esponenti dem avviati alla pensione o sotto occupati. Ad esempio Cuperlo la fondò quando aveva molto tempo libero, Renzi non lo mandò in Parlamento e l’intellettuale triestino così si coltivò quell’oggettino con amorevole cura. Poi passò all’ex presidente della Regione Lazio, che per l’appunto era ex, anche come segretario del Pd, qualcosa gli si doveva trovare.

 

Paolo ascolta le proposte e storce la bocca, è che anche stavolta il solito "fiorentino" si è messo di mezzo. Che cosa sarà venuto in mente a Renzi di incoronare Elly Schlein e di liberarle la strada verso la candidatura a Palazzo Chigi? Non sarebbe servito un federatore? E chi meglio di lui? Che in fondo è stato verde prima di Bonelli, renziano prima di Renzi, zingarettiano prima di Zingaretti, e pure lui, ai suoi tempi, nessuno lo aveva visto arrivare, soprattutto alle primarie di Roma. Federatore ecco la parola giusta per un ex commissario europeo, diventato già riserva della Repubblica, Elly prenda nota.

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