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Migranti, Piantedosi non teme una nuova ondata di sbarchi. “Qual è il segreto”

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Gli arrivi dei migranti «non credo aumenteranno. Il messaggio lanciato dal governo libico, con cui lavoriamo molto bene, certifica in realtà solo ciò che già sappiamo e su cui abbiamo costruito le nostre partnership con i Paesi nordafricani. Il nostro problema migratorio non è contrapposto a quello che loro affrontano». È questo il nocciolo del discorso del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in una intervista al Messaggero. «La Libia, come pure la Tunisia, vivono una situazione assolutamente paragonabile alle nostre peggiori stagioni, con trafficanti che agiscono sul loro territorio, favorendo il transito di persone con numeri insostenibili e generando problemi di stazionamento. Proprio per questo - spiega il titolare del Viminale - da tempo abbiamo mirato la nostra collaborazione non più sul solo contenimento delle partenze, con la fornitura di formazione e di dotazioni sulla terraferma o per i recuperi in mare, ma soprattutto sui rimpatri volontari assistiti». 

 

 

«Proponiamo già in Libia o in Tunisia delle alternative a progetti migratori, riportando i migranti nei Paesi di origine e aiutandoli a reinserirsi grazie a consulenze ad personam, assistenza logistica e finanziaria. Nei primi sei mesi del 2024 sono stati quasi 8mila, 5111 in Libia e 3800 in Tunisia. I cali degli sbarchi degli ultimi mesi li ascrivo più a questo cambio di approccio che ai recuperi di persone in mare o alle azioni di contrasto di partenze che pure mettiamo in campo. Sono convinto che questo sia il vero salto di qualità, per di più con modalità rispettose per i migranti coinvolti in questi traffici di esseri umani», il resto delle parole di Piantedosi. 

 

 

Sul bug informatico che ha paralizzato il mondo per alcune ore, il ministro spiega che «noi come Viminale, con la Polizia Postale e il Cnipic siamo stati vicini alle aziende e alle infrastrutture critiche per evitare eventuali eccessive ricadute. Il sistema Paese ha mostrato tutti i progressi a cui abbiamo lavorato negli ultimi anni rafforzando il perimetro di sicurezza cibernetica, l’agenzia nazionale per la Cyber e il provvedimento sulla sicurezza digitale. Ma poi ci rendiamo conto che basta un aggiornamento di un software fatto male, anche solo per un errore umano, e precipitiamo nel caos». 

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