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Fitto, Belloni e l'ipotesi “civica”: il piano di Meloni per i commissari

Leonardo Ventura
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Rivendica il no di Fratelli d'Italia all’Ursula-bis parlando di una «scelta di coerenza» ma assicura che la posizione del partito che presiede «non ha nulla a che fare con il ruolo dell’Italia, che non è dato dalle scelte dei partiti della maggioranza in Parlamento, ma dal suo peso all’interno dell’Unione europea e dalla credibilità del suo governo». A 72 ore dal voto di Strasburgo che ha dato il via libera alla riconferma di von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, Giorgia Meloni sottolinea di essersi comportata «come si dovrebbe comportare un leader europeo» perché «credo sia mio dovere dire quando penso che le cose non funzioneranno, anziché mettere la polvere sotto il tappeto». Il compito del Governo, ricorda nel corso di una intervista al Corriere della Sera, «è contribuire a tracciare una rotta, non assistere in silenzio a cosa accade. Ragiono per quello che è meglio per l’Italia e per l’Europa», aggiunge quindi la premier spiegando che il tema non è von der Leyen sì o no, «il tema è quali siano le priorità di cui l’Europa deve occuparsi».

 

 

Il voto negativo degli eurodeputati di via della Scrofa comunque, è convinta Meloni, non inciderà nella trattativa sull’asse Roma-Bruxelles per le deleghe che rivendica per il commissario italiano. «Penso che questa lettura sia surreale. Si sostiene che von der Leyen non riconosca ai Paesi membri il ruolo che il loro peso determina, ma decida in base al fatto che i partiti di governo l’abbiano votata o meno? Fossi in voi, considererei questa lettura un insulto», le parole della presidente del Consiglio, che esclude anche una intromissione di Francia e Germania per ridimensionare l’Italia alla fine del negoziato: «Penso che la decisione ora spetti alla presidente della Commissione. Non siamo una provincia dell’impero, tutti riconoscono il peso e il ruolo dell’Italia e sono certa che queste saranno le valutazioni che si faranno quando si definiranno le deleghe».

 

 

La premier per il ruolo di commissario dovrà indicare un uomo e una donna: il primo sarà il ministro Raffaele Fitto sui cui Palazzo Chigi punta con decisione, mentre la seconda (puramente formale) potrebbe essere una rappresentate della società civile. Ancora in auge l’ipotesi della diplomatica Elisabetta Belloni, la cui opera in occasione del G7 era stata molto valorizzato da parte di Palazzo Chigi proprio in vista di un incarico europeo. Sfumato però l’incarico di Alto commissario per la politica estera (ormai andato all’estone Kallas). Sul tema però Meloni ancora non scopre le carte: «Io non parto dal nome, ma dalla delega. La nostra priorità - è quindi il messaggio per Bruxelles - sono le deleghe di carattere economico, industria, competitività, coesione, che ci consentano di aiutare l’Italia e l’Europa». Quando il quadro sarà più chiaro, conclude, «individueremo, insieme alla maggioranza, la persona migliore». Maggioranza che è compatta sul nome di Fitto.

 

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