metamorfosi

Torna a casa... Renzi. Dopo l’abbraccio il piano Matteo ora piace a Schlein

Aldo Torchiaro

Su X Matteo Renzi, che di comunicazione è esperto, non lascia niente al caso. E dunque se sulla sua bacheca Twitter campeggia, in alto a sinistra, la foto dell’abbraccio in campo con Elly Schlein – scattata durante la partita del cuore con la nazionale parlamentari – non è certo perché al leader di Italia Viva manchino altre pose. Quell’abbraccio è eloquente, uno scatto tanto fortuito quanto fortunato: perché dice la cosa giusta al momento giusto. Almeno nell’ottica di Italia Viva, che dopo il naufragio delle Europee cerca un approdo sicuro e lo individua nel Pd. Con Elly Schlein che ha aperto formalmente le porte, già nei giorni scorsi: «Nessuna preclusione per nessuno», ha detto a La7. Le chiedono: Renzi? «Non ci sono veti», la conferma in diretta. Dopo la fine del progetto centrista, la fotografia dell’abbraccio Renzi-Schlein prova a cancellare il ricordo della sconfitta.

 

  

Il tuo browser non supporta il tag iframe

 

Il leader di Iv ha in mente un sogno: la ricostruzione della Margherita. Nel corso dell’ultima assemblea dei suoi dirigenti, fatta su Zoom, è stato proprio lui ad evocarla. Ma naturalmente non si chiamerà più Margherita, né potrà avere il peso di quella di Francesco Rutelli. Potrebbe essere una Margheritina. Però l’idea è sulla stessa linea. Un contenitore, una federazione alla destra del Pd in grado di assorbire, nel tempo, il pulviscolo delle sigle che stanno intorno a Renzi: nel simbolo di Stati Uniti d’Europa ce n’erano ben sei: quanto a petali è messo bene. Tutto, negli ultimi giorni, indica che la direzione è presa. E viene comunicata senza comunicati. Con la forza delle foto sui social e qualche presa di posizione, meglio se non direttamente intestata al leader. Enrico Borghi, il capogruppo di Iv al Senato, si incarica di attaccare FdI per il voto contrario a von der Leyen: «Messa alle strette tra scegliere se essere tra gli alfieri del sovranismo nazionalista o la statista alla guida di uno dei Paesi fondatori dell'Europa, Giorgia Meloni dopo giorni di traccheggiamenti ha scelto il primo ruolo, anteponendo gli interessi del suo gruppo a quelli del Paese che guida». E Raffaella Paita, coordinatrice del partito renziano: «Meloni e Salvini non hanno resistito al richiamo di Orban, mentre Tajani ha votato a favore. L'Italia ne esce divisa e quindi più debole». Tutto chiarissimo.

 

 

Peccato che proprio Matteo Renzi, alla Leopolda prima e in campagna elettorale poi, avesse indicato la sua contrarietà a von der Leyen: «Se sarò eletto proporrò di votare contro perché serve una leader e non una follower dell'ideologia», aveva detto da Firenze il 10 marzo scorso. E poi il 16 aprile, in campagna elettorale: «Se sarò eletto proporrò di votare contro perché serve una leader e non una follower dell'ideologia». Adesso che Giorgia Meloni ha votato come aveva detto di voler votare Renzi – se fosse stato eletto – non va più bene. Anche in Senato, ieri, il leader di Iv ha confermato il posizionamento a sinistra. C’era il voto sul decreto che taglia le liste d’attesa per gli esami diagnostici. Ed ecco i centristi di Italia Viva allinearsi al Pd, al M5S e a Avs in un attacco a testa bassa contro il governo. «La maggioranza utilizza il tema sanità per prendere consenso, ma non affronta le questioni reali», ha detto Renzi in dichiarazione di voto. E poi ha attaccato il «Dibattito falso» sulle scelte dei governi precedenti, che secondo Renzi «Hanno investito di più, magari non a sufficienza». Insomma, per il riavvicinamento tra l’ex segretario del Pd (nel 2013 sconfisse Cuperlo alle primarie) e il suo ex partito sembra che ogni giorno sia buono per compiere un passo in più. Sulla sanità, di nuovo con la sinistra. Sul voto a Ursula, di nuovo con la sinistra. E perfino in campo, quando si tratta di tirare in porta, Renzi fa l’assist a Schlein. Tutto molto petaloso.