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Ue, la beffa nel giorno del voto. Von der Leyen condannata sui vaccini per il Covid

Gianluigi Paragone
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La notizia è questa: la Commissione europea è stata condannata dalla Corte di giustizia europea che aveva accolto il ricorso degli eurodeputati dei Verdi in appoggio alla richiesta di molti cittadini; la colpa della Von Der Leyen è stata quella di opporre un no secco alla richiesta (era il 2021) di accesso ai documenti relativi ai contratti per l'acquisto di vaccini contro il Covid 19, stipulati tra la Commissione Ue e diverse aziende farmaceutiche. Soprattutto in merito alle clausole di indennizzo e alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi tra Big Pharma e coloro che, per conto della commissione, stavano comprando i vaccini. La condanna in sé è finalizzata solo al pagamento delle spese legali. Ma quel che conta è la messa a nudo di una questione su cui la presidente, in odor di conferma salvo colpi di scena nel segreto dell’urna, aveva posto divieti e omissioni tipo la cancellazione degli sms tra lei e il ceo di Pfizer (questione su cui stanno lavorando altri tribunali). Era stato il New York Times infatti a parlare di una «diplomazia personale» della stessa Von Der Leyen con il manager di Big Pharma Albert Bourla.

 

 

A onor del vero va precisato che i contratti erano stati stipulati tra la Commissione e poche case farmaceutiche per un budget a disposizione di 2,7 miliardi di euro a copertura di un ordine di circa un miliardo di dosi. I fatti poi hanno registrato che a giocare la parte del leone fu appunto la Pfizer, nonostante in sede di audizione in parlamento Ue la loro responsabile commerciale, Janine Small, avesse rivelato che il vaccino messo in commercio «non era stato testato per prevenire l’infezione» perché «nessuno lo avrebbe chiesto» e comunque «non c’era tempo».

 

 

La questione rispetto alla quale sembra essere trascorso un secolo, rivela il piglio della presidente, evidenzia i metodi della Signora (su cui ci sono ombre rispetto ad altre vicende nel tempo in cui era ministro in Germania) sul rispetto verso il parlamento e verso chi si appella alla trasparenza per avere risposte: chissà se in queste ore di trattative qualcuno ne terrà conto. La «diplomazia personale» sui vaccini oggi costa alla sua Commissione il pagamento delle spese legali e quindi una sostanziale condanna da parte della Corte di giustizia europea; ci domandiamo se davvero non ci siano altre figure di spicco per guidare il cosiddetto governo europeo. Lo fa anche Matteo Salvini: «Un altro motivo per dire di NO a Ursula Von der Leyen alla guida della Commissione europea. Serve un cambio di passo chiaro, netto e deciso, come hanno espresso milioni di cittadini europei con il loro voto».

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