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Ue, Ursula von der Leyen a caccia di voti: si negozia fino all'ultimo

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Si negozia fino all’ultimo nell’entourage di von der Leyen per trovare la quadra e assicurare alla leader tedesca il bis alla guida della Commissione europea. Sono giorni che la presidente fa la spola con il Parlamento europeo a Bruxelles per incontrare i vari gruppi e continua a contattare le singole delegazioni e gli eurodeputati. Da lunedì prossimo si sposterà invece a Strasburgo, dove incontrerà il gruppo de La Sinistra lunedì e poi martedì mattina i conservatori di Ecr. I voti decisivi arriveranno in extremis. Perché gli indecisi negozieranno fino all’ultimo ed eviteranno di scoprire le carte. I Verdi, 53 eurodeputati, proveranno a fare una sorta di accordo che li proietta nella maggioranza, ma decideranno solo dopo aver ascoltato le linee programmatiche illustrate giovedì da von der Leyen. Così anche Fratelli d’Italia, coi suoi 24 voti, che attenderà la decisione di Meloni. «A valle dell’incontro di martedì e in base a quello che lei dirà, dialogheremo con le altre delegazioni e decideremo che cosa fare», afferma il premier da Washington, «come presidente del Consiglio italiano il mio obiettivo unico è portare a casa per l’Italia il massimo risultato possibile».

 

 

 

«Il nostro voto per Ursula von der Leyen è negativo al momento», ribadisce il capodelegazione di Fratelli d’Italia e co-presidente di Ecr al Parlamento europeo, Nicola Procaccini, ma all’incontro della prossima settimana «la presidente esporrà il suo programma al nostro gruppo, noi esporremo le nostre richieste e dopo di che vedremo». Una linea aperturista che trasformerebbe l’astensione di Meloni al Consiglio europeo di fine giugno in un appoggio, condizionato al raggiungimento di alcuni obiettivi per l’Italia. Il Pd, con i suoi 21 seggi, è verso un sì che si fa desiderare: «Stiamo avendo uno scambio post audizioni. Siamo parlamentari, non dei robottini, quindi non procediamo senza essere pienamente convinti. Le premesse sono buone, ma abbiamo bisogno di più chiarezza su alcuni temi: Stato di diritto, agilità sociale, capacità fiscale permanente dell’Ue, politiche di coesione», è la posizione del capodelegazione uscente Brando Benifei, che non si dice stupito per la telefonata tra von der Leyen e Stefano Bonaccini, vista la loro conoscenza. Martedì si avvierà la nuova legislatura, con l’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo: data per scontata la rielezione della maltese Roberta Metsola, sia perché si è conquistata la stima di tutte le forze politiche in questi ultimi due anni e mezzo, sia perché frutto di un accordo tra popolari e socialisti che vedrà l’alternanza con questi ultimi a metà legislatura, con lo scranno più alto dell’emiciclo che dovrebbe passare al Partito democratico.

 

 

 

Lunedì scadranno i termini per la presentazione delle candidature: non è escluso che il gruppo The Left e quello dei Patrioti possano presentare candidature simboliche o di disturbo. In ogni caso, in Italia tutte le forze, comprese Lega, Fratelli d’Italia e M5s, sono orientate per il sì alla riconferma. Intanto, i gruppi europeisti hanno confermato l’intenzione di erigere un cordone sanitario verso le destre di ’Europa delle nazionì e dei ’Patrioti'. Quest’ultimo rimarca di essere il terzo gruppo, votato da milioni di persone, e definisce antidemocratico il veto di tutte le altre forze politiche. Lunedì si riunirà e deciderà come comportarsi per l’elezione del presidente, dei vicepresidenti, ma anche sull’assetto del gruppo, dove critiche sono state avanzate da esponenti del Rassemblement National per l’elezione del leghista Roberto Vannacci, avvenuta per acclamazione, tra i sei vicepresidenti. «Non c’è affatto alcuna divisione - commenta un portavoce -. È un nuovo gruppo composto proprio questa settimana e prenderemo tutte le decisioni a tempo debito». Anche il generale ostenta sicurezza: «Non mi risulta che Rassemblement National possa esprimere veti, soprattutto a valle di una votazione già condotta».

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