Giustizia è (quasi) fatta: la riforma Nordio è legge. Dopo 30 anni si cambia
Via il reato di abuso d’ufficio, stretta sulla trascrizione delle intercettazioni e stop all’appello del pm contro le sentenze di assoluzione. Con 199 sì e 102 no, alla Camera diventa legge il primo provvedimento sulla Giustizia del ministro Carlo Nordio, approvato dal Consiglio dei ministri oltre un anno fa.
ABUSO D’UFFICIO - La nuova legge cassa dal codice penale il reato di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 in risposta a quello che il governo definisce la «paura della firma» dei sindaci. Un intervento poi circoscritto con l’ultimo decreto, quello sulle carceri, che introduce il reato di peculato per distrazione. La riforma interviene anche sul reato di traffico di influenze, introdotto dalla legge Severino e modificato dalla Spazza-corrotti: il ddl limita la sanzione penale a «condotte particolarmente gravi» e viene eliminata l’ipotesi della «millanteria», mentre è innalzata la pena minima da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi. Un’abolizione che il ministro Nordio ha commentato sottolineando come si tratti «dell’abolizione di un reato che non aveva nessun significato che paralizzava i pubblici amministratori che non costituisce minimamente un favore alle organizzazioni criminali peggio ancora parlare di reato spia che è una bestemmia dal punto di vista giuridico perché un reato o è reato o non lo è».
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TRASCRIZIONI - Interviene nuovamente sulle intercettazioni a tutela del terzo non indagato, con il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni salvo che non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento; il pm dovrà evitare che siano riportati dati «relativi a soggetti diversi dalle parti» se non nei casi in cui siano considerati rilevanti per le indagini, e viene ampliato inoltre l’obbligo di vigilanza del magistrato sui brogliacci.
COMUNICAZIONI CON IL LEGALE - Con un emendamento durante l’iter in Senato, è stato incorporato nel testo un disegno di legge del senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin che vieta l’acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l’imputato e il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
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MISURE CAUTELARI - Il provvedimento introduce due misure «garantiste» con l’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari e la decisione collegiale per la custodia in carcere. Non solo. Prima di una possibile applicazione dei provvedimenti cautelari, dovrà riunirsi un collegio di tre giudici perché non sarà più un solo magistrato a decidere. Ovviamente, i magistrati saranno esentati dal dover svolgere l’interrogatorio preventivo qualora siano evidenti il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove da parte dell’indagato. E non sarà necessario svolgere tale interrogatorio se si tratta di reati gravi, commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.
ASSOLUZIONI INAPPELLABILI - La riforma dà attuazione a una bandiera berlusconiana, limitando il potere d’impugnazione del pubblico ministero. Un intervento che tiene conto di quanto stabilito dalla Corte costituzionale: si limita il potere di appello sulle sentenze di proscioglimento ai reati più gravi, compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale e i reati cosiddetti da codice rosso sulla violenza di genere.
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