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Pd, Orlando prova a sfilarsi da Schlein. Anzi no: “Sono a disposizione”

Mira Brunello
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Come il piccolo Buddha, anche Andrea Orlando è un predestinato. E naturalmente, fin dalla più tenera età, in pratica da quando fu eletto sui banchi del consiglio comunale in quel di La Spezia. La città dove nacque, e dove a pochi mesi dal lieto evento si iscrisse alla Federazione giovanile comunista, diventandone, in men che non si dica, segretario cittadino. Il tempismo infatti è una delle sue qualità più evidenti, da quando iniziò a mettere nel mirino un qualche incarico (soprattutto ministeriale), a cui sembrava inevitabilmente portato. Insomma l’uomo giusto al posto giusto, ça va sans dire. D’altra parte è la fortuna di trovare sulla propria strada tanti talent scout. Come Piero Fassino, che lo scopre nella «cantera» ligure e lo nomina responsabile dell’organizzazione nei Democratici di sinistra. O come Walter Veltroni, che nel neonato Partito democratico, lo promuove portavoce, lui, che a 55 anni suonati, nelle interviste ai Tg, abbassa ancora lo sguardo. O, come Pier Luigi Bersani, che scopre la sua attitudine ai temi della giustizia, rendendo possibile, qualche tempo dopo, la realizzazione di un sogno della pubertà. Sedersi da guardasigilli (governi Renzi-Gentiloni) alla scrivania di Palmiro Togliatti.

 

 

Uno così, per l’appunto il piccolo Buddha del «golfo dei poeti», ora è un po’ alle strette, Elly Schleiin vuole in tutti i modi che si candidi nella sua Liguria. Lui, all’inizio è stato pure lusingato, poi pensandoci meglio, sta cercando una via di fuga, un altro nome che possa prendersi carico della «bega». Una ricerca che non indispettisca il Nazareno, pubblicamente infatti il bel «tenebroso» non esclude il percorso, nelle interviste con la cronaca genovese di Repubblica, dichiara: «Io sono a disposizione». Una frase fatta che dicono tutti quelli che vorrebbero svignarsela. Da questo punto di vista Andrea Orlando, è un maestro del diversivo, un giocherellone, un talentuoso virgulto dell’ammuina. Tanto vale allora dare l’impressione ad Elly che è cresciuto, che questa volta ci pensa sul serio, anche se l’ex ministro (oltre che alla giustizia, all’ambiente e al lavoro), non può certo essere considerato un «profeta in Patria», freddini i suoi rapporti nel capoluogo di regione. Poi arriverà l’autunno, spera, e come per magia, il «predestinato» uscirà di scena, spunterà un civico d’area, chiunque, ma non lui, con buona pace della segretaria.

 

 

Un po’ come è successo alle Europee, per settimane la sua candidatura è circolata con insistenza, capolista nel Nord Ovest, poi alla resa dei conti, lo spezzino è scappato a gambe levate. È che Bruxelles, esattamente come Genova, non valgono una messa. Il «golden boy» deve curare i suoi interessi nella Capitale, in qualità di capo della sinistra dem, nonché di ultimo «comunista». Un dato di fatto, che gli ha consentito di diventare la spalla di Ugo Sposetti, in pratica il vice guardiano nella ricchissima fondazione della memoria. C’è solo un desiderio a cui il prode Orlando sacrificherebbe la «bella» vita da deputato di opposizione, diventare prima o poi segretario del Pd, cosa che non gli è ancora riuscita. Un po’ come il «Migliore». Un sogno che però non può condividere con Elly, almeno per il momento.

 

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