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Elly Schlein prova il nuovo Centro: "Renzi è politico, Calenda complicato"

Augusto Minzolini
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In uno dei corridoi laterali di Montecitorio, versante sinistra, Elly Schlein si interroga sulla sua creatura «il campo largo» e su cosa gli manca. Il pendolo internazionale, dopo l’affermazione di Marine Le Pen nelle elezioni francesi e la disastrosa prestazione di Joe Biden nel confronto tv con Trump, questa settimana torna a sinistra. «In Inghilterra - elenca - ci sarà il trionfo dei laburisti. In Francia c’è stata una grande adesione alla desistenza tra sinistra e macronisti ed è difficile che la destra raggiunga la maggioranza assoluta». E l’Italia? «Io vedo a destra molto nervosismo. Questa storia che la Meloni pensi alle elezioni anticipate mi sembra campata in aria: due anni fa ha raggiunto il suo massimo, ripoterebbe meno parlamentari di quelli che ha adesso. Sul nostro versante? Con il successo che abbiamo avuto nelle ultime amministrative - spiega - tutti dovrebbero capire che non c’è un’alternativa al "campo largo". E ci debbono essere tutti perché per noi sarebbe più che funzionale la presenza di un "centro" nel nostro schieramento. Ma deve essere un "centro", non tanti "centri". Ho parlato sia con Calenda, sia con Renzi ma per ora la vedo ancora difficile riunirli. In realtà Renzi ha un afflato unitario, lui ha capito. Calenda purtroppo no, è meno politico».

 

 

 

Già, gira che ti rigira con l’avvento del nuovo bipolarismo italiano, si torna sempre là: le elezioni si vincono al centro, o meglio prevale lo schieramento che riesce a portare dalla sua parte la maggioranza del voto moderato. Dicono che Giorgia Meloni si accontenti nel centro-destra di Forza Italia, che consideri Calenda e Renzi già finiti. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non crede che sia così. «In Italia - osserva - i bacini elettorali da quarant’anni sono sempre gli stessi. Da noi, come in tutti i sistemi bipolari, si vince andando verso il centro. Giorgia questo lo sa. Altrimenti non avrebbe messo un liberale come me alla giustizia e credo che alla fine attenzionerà quell’area. Guarderà anche verso Renzi e Calenda per essere sicura di vincere visto che il campo largo, nei fatti, c’è già». Ecco sulla carta tutti pensano che quei pezzi centrali di elettorato siano fondamentali per vincere, però, almeno per ora, all’atto pratico, nessuno si muove. Siamo al Sora Camilla tutti la vogliono, ma nessuna la piglia. O meglio, la Schlein ne ha compreso l’importanza strategica e, infatti, ci sta lavorando su, prova a favorire una riaggregazione che riproduca la Margherita di un tempo. La Meloni - a quanto dicono - si accontenta di Forza Italia, pensa che Calenda e Renzi esauriscano tutto il loro appeal nei prossimi due anni, arrivino spompati all’appuntamento delle prossime politiche.

 

 

 

Torna, però, alla mente la profezia di poco più di un anno fa di Silvio Berlusconi che come Nordio era animato da una convinzione: «Alla fine dall’altra parte si metteranno tutti insieme per cui i due schieramenti saranno divisi solo da un 2% di voti.
Non di più. Vince chi prende la maggior parte dell’elettorato di mezzo». Un’analisi condivisa a mezza bocca da tutti tant’è che tutti scrutano cosa avviene sul tema nel campo avverso. Il "centro", o chi potrebbe rappresentarlo, è diventato quasi un’ossessione. «Gente molto addentro del mondo di Mediaset- confida in mezzo al Transatlantico il piddino Stefano Graziano - mi ha detto che Piers ilvio ha intenzione di scendere in campo, perché la coalizione è troppo sbilanciata a destra». Naturalmente si tratta di suggestioni che dimostrano, però, come molti siano convinti che la partita, fra due anni o quando sarà, si giocherà nel mezzo. Il vero problema però, appunto, è la confusione che regna da quelle parti. Almeno per ora il vertice di Forza Italia non se m braintenzionato ad aprire le porte ai "ritorni" o, comunque, non fa nulla per favorirli o per abbracciare altri soggetti (si vocifera che Ettore Rosato, già Italia Viva e ora Azione, abbia voglia di fare il grande salto verso Tajani). Sul versante più a sinistra la fine del terzo polo e il "suicidio" delle elezioni europee ha creato molto disorientamento.

 

 

 

«A sinistra vediamo cos’è questo campo largo - racconta Luigi Casciello, esponente di Azione orientamento Mara Carfagna - intanto a destra non ci vogliono, hanno dimenticato che in Italia le elezioni si perdono per poche migliaia di voti.
Musumeci, non messo in lista, una volta le fece perdere pure a Berlusconi. Il nostro problema, però, è quello che siamo divisi. Tutti insieme abbiamo un peso, divisi un altro. Solo che da noi il problema non è solo Calenda, ma chi gli sta attorno, chi lo influenza come Francesca Scarpato trait d’union tra lui e Richetti. Alla fine è lei che comanda». E si torna al peccato originale del centro che guarda a sinistra che si è autoaffondato per colpa dei personalismi. Luigi Marattin su Renzi e Calenda usa l’espressione latina «simula stabunt, simula cadent». Solo che quei nomi sono insieme il problema ma anche le risorse di quell’area almeno fino a quando, semmai avverrà, non si riuscirà a trovare un altro Papa. «C’è chi lavora sussurra Enrico Costa all’ipotesi Gentiloni». Così per ora tutto è nella mani della Schlein, se riuscirà nell’ardua impresa di imporre una pace ai due capponi.

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