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Nordio: "Nessun decreto svuotacarceri" ma istituti di detenzione più umani

Nessun decreto svuotacarceri, ma istituti di detenzione più umani. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è netto sugli obiettivi del decreto appena approvato dal Consiglio dei Ministri, e sulle novità legate alla semplificazione delle procedure per il rilascio della libertà anticipata dei detenuti sottolinea: «Nessuna indulgenza gratuita, né sconti automatici e lineari di pena». Oltre al taglio alla burocrazia per la libertà anticipata, il decreto prevede, tra l’altro, un aumento dei colloqui telefonici con i familiari, l’assunzione di mille agenti di polizia penitenziaria e la creazione del cosiddetto ’Albo delle comunità’, composto da strutture residenziali, idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale di detenuti tossicodipendenti o con disagio psichico che hanno i requisiti per accedere ai domiciliari o a misure penali di comunità, ma non hanno una casa o struttura idonee allo scopo.

 

  

 

 

«L’elemento più cruciale e importante di questa riforma riguarda le misure di liberazione anticipata - spiega il Guardasigilli - Si tratta di rendere molto più rapida e certa quella che è la procedura, che è già prevista dalla legge e non sarà toccata nei termini». «Attraverso una semplificazione e una serie di chiarimenti della procedura attuale - prosegue - sempre affidata al giudice di sorveglianza, noi renderemo molto chiaro anche allo stesso detenuto il percorso e i termini della liberazione anticipata. Intoppi di vario tipo hanno spesso vulnerato la certezza di questo percorso, noi lo rendiamo molto più rapido, semplice ed efficace. È un patto che si fa con il detenuto».

 

 

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Per quanto riguarda l’istituzione dell’Albo delle comunità, «vogliamo facilitare il trasferimento della detenzione dalla brutalità dell’istituto penitenziario alla comunità di accoglienza - afferma Nordio - Sempre restando fermo che si tratta di regime detentivo, trasferiamo minori e tossicodipendenti dal carcere alla comunità. È un passo molto importante, ci porta molto avanti nell’umanizzazione della pena, nella rieducazione del detenuto, nel reinserimento sociale ed è un rimedio al sovraffollamento carcerario». Infine avverte: non chiamatelo svuotacarcerì, è parola «impropria e anche diseducativa». «Il nostro principio garantista si coniuga in due fasi: enfatizzazione della presunzione di innocenza e certezza della pena, ovvero serietà nella esecuzione - sostiene - Quando una pena viene minacciata dallo Stato e irrogata dal giudice poi non può esservi una marcia indietro, un segnale di sciatteria o debolezza. Questo non vuol dire che la pena debba essere non dico crudele, perché sarebbe incostituzionale, ma nemmeno omogenea, cioè riferita sempre alla carcerazione come noi la intendiamo».