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Ue, von der Leyen cerca voti disperatamente. Si piegherà ai diktat dei Verdi?

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È ufficialmente iniziata la caccia ai voti: Ursula von der Leyen deve raccogliere il consenso per ottenere la conferma del Parlamento europeo - il 18 luglio a Strasburgo - per la sua nomina al secondo mandato alla guida della Commissione europea. I 399 seggi attualmente garantiti dalla maggioranza Ursula (Ppe, S&d e liberali) sono sufficienti solo sulla carta. Nella realtà ne servirebbero almeno altri quaranta-cinquanta per coprire eventuali franchi tiratori o assenti dell’ultimo minuto. Per questo la leader tedesca cerca di allargare la sua maggioranza.

 

 

Il primo incontro ufficiale a questo scopo si è tenuto nel pomeriggio al Palazzo Berlaymont. Si sono presentati da lei i co-presidenti del gruppo dei Verdi, Terry Reintke e Bas Eickhout, che sbandierano la propria disponibilità ad allargare la maggioranza attuale già dalla notte del 9 giugno scorso. Portano in dote 54 seggi ma chiedono in cambio di non fare retromarcia sul Green deal (come vorrebbe una parte del Ppe) e di non aprire le porte all’Ecr (come vorrebbe una parte del Ppe). «Abbiamo avuto un incontro molto costruttivo in cui abbiamo discusso della ricerca di una maggioranza stabile e democratica al Parlamento europeo. Tuttavia, abbiamo anche chiarito che i Verdi/Ale non faranno parte di una maggioranza che negozia o fa affidamento sull’estrema destra, compreso l’Ecr», ha messo in chiaro Eickhout al termine della riunione. «L’Ue ha bisogno di una maggioranza affidabile in grado di affrontare le numerose sfide che ha davanti, garantire la continuazione del Green deal e assicurarsi che le industrie all’interno dell’Ue siano leader globali nella transizione verde», è la sintesi di Reintke. Il riferimento all’industria europea è da considerarsi un’apertura al compromesso verso una transizione ecologica che tenga in considerazione anche gli effetti economici sulla manifattura, in primis quella tedesca (in risposta a quella parte del Ppe che non vorrebbe averli come alleati).

 

 

Von der Leyen, nella sua caccia ai voti, non ha a che fare con un sistema lineare: ogni voto nuovo conquistato da qualche parte, rischia di farle perdere qualcuno dall’altra. I verdi chiedono che non consideri l’Ecr ma una fetta del Ppe (vedi Forza Italia) le chiede di non guardare ai Verdi. Anche per questo l’intenzione della leader dell’esecutivo europeo è convincere ogni deputato e puntare più che sui gruppi sulle delegazioni nazionali. È molto più probabile ad esempio ottenere i voti solo di una parte dell’Ecr, come ad esempio quella dei cechi del partito del premier Petr Fiala (Ods, tre seggi) o dei 24 della delegazione di Fratelli d’Italia. Un sostegno formale dell’Ecr è sostanzialmente impossibile, perché rischia di far venire meno tutta l’attuale maggioranza Ursula. Inoltre, la posizione dei gruppi non è ancora del tutto chiara. In particolare a destra: Id ed Ecr ancora non hanno tenuto la riunione costitutiva. Sono state rimandate in attesa di vedere cosa succederà con i nuovi gruppi e che vento porterà il ballottaggio francese. Una novità che ha effetti sia su Id che sull’Ecr è l’annuncio della nascita del gruppo dei «Patrioti per l’Europa» voluto dal premier ungherese, Viktor Orban, e dai leader dell’Fpo austriaco e l’Ano 2011 ceco. Oggi vi ha aderito anche il partito portoghese Chega, portando la quota dei membri a 27 e quella degli Stati a quattro. Ne servono altri tre, di Paesi, per poter ufficializzare la nuova formazione.

 

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