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Meloni accusa: "Violenza su di noi, vogliono fermare l'Italia che cambia"

Edoardo Romagnoli
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 «Dovrei essere massacrata e appesa a testa in giù». Giorgia Meloni torna in video all’indomani delle amministrative. Il messaggio? Il governo sta realizzando le riforme che in decenni nessuno è riuscito a mettere in campo e la sinistra si sta radicalizzando pur di difendere lo status quo. «Sono nervosi e usano toni irresponsabili da guerra civile» lamenta la premier che mette in fila tutte le riforme. Quella del fisco «che era attesa da 50 anni», la riforma della giustizia «della quale si parlava da circa 30 anni», la riforma del codice degli appalti e soprattutto la riforma del premierato «che ha completato la sua prima lettura al Senato e che se gli italiani lo vorranno permetterà finalmente ai cittadini di scegliere direttamente il capo del governo mettendo fine a 70 anni di instabilità, governi balneari, governi tecnici, governi arcobaleno, promesse tradite e trasformismo». E per ogni misura Meloni replica alle accuse: «Sulla riforma del fisco hanno detto che eravamo amici degli evasori e abbiamo portato a casa il record di recupero di proventi della lotta all’evasione fiscale. Sulla riforma della giustizia ci dicono di voler mettere la magistratura sotto il controllo della politica, però la riforma non consente più al Parlamento di eleggere i membri del Csm. Sul premierato ci accusano di deriva autoritaria, poi si scopre che lo proponeva anche il Pds di Achille Occhetto circa 30 anni fa. In pratica Achille Occhetto era molto più avanti di Elly Schlein. Ma la cosa più ridicola è l’opposizione scomposta della sinistra a un’altra riforma che è appena stata approvata in via definitiva, in questo caso dal Parlamento, che è la legge quadro sull’autonomia differenziata».

 

 

Torna alla mente l’intervento in Aula, alla Camera, della deputata M5S Susanna Cherchi che col dito puntato verso i banchi della maggioranza ha tuonato: «Ricordatevi Piazzale Loreto». Tranne poi nei giorni successivi spiegare sui social che per lei quell’impiccagione alla rovescia è una delle «pagine più buie della storia italiana» e che «il Duce aveva diritto ad un equo processo» perché «ha fatto anche cose positive, sicuramente amava gli italiani, e non meritava quella fine». Dall’altra parte Schlein festeggia questa tornata di elezioni come se avesse vinto le presidenziali col suo solito mantra: «Stiamo proprio arrivando». E battibecca con Giovanni Donzelli sui «numeri», perché in politica è l’unico campo in cui neanche i numeri hanno una interpretazione univoca. Per Elly il risultato del voto è «un 6 a 0 tennistico», mentre per il deputato di Fratelli d’Italia «siamo passati da 13 a 13 a 17 a 10». Schlein ha bollato come «grave e sconveniente» la riflessione del presidente del Senato Ignazio La Russa sulla revisione del doppio turno. «Non è che quando si perde si aboliscono le elezioni. Non si scappa col pallone in mano. Non è colpa degli elettori se la destra ha perso, è colpa loro. Non si possono cambiare le regole a pochi minuti dalla sconfitta, manca il senso delle istituzioni». In questo battibecco a distanza non ci perde nessuna delle due, è sempre più Elly contro Giorgia ma questa non è una novità.

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