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Ilaria Salis torna a casa. Orban vuole il processo, lei si blinda a Bruxelles

Rita Cavallaro
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La giustizia ungherese non ha intenzione di farsi beffare da Ilaria Salis. E dopo una serie di annunci da Budapest, forse anche con la speranza che la neo europarlamentare di Avs rinunciasse volontariamente all’immunità per dare un segnale che la sua fosse una battaglia per i diritti e non una fuga dal processo, ieri il Tribunale regionale di Budapest-Capitale avrebbe contattato la presidenza del Parlamento europeo, per richiedere la revoca dell’immunità parlamentare di Salis. La notizia è stata riportata da fonti ungheresi, anche se a Bruxelles l’istanza del giudice non sarebbe ancora pervenuta, anche perché questo tipo di richieste spesso hanno dei passaggi procedurali intermedi, che ne rallentano l'effettiva trasmissione. Non appena la richiesta arriverà negli uffici della presidenza, si aprirà un iter che avrà comunque tempi lunghi.

 

 

 

Intanto bisognerà attendere che venga istituito il nuovo Parlamento e che l’Eurocamera entri pienamente in funzione, con la sua prima riunione istitutiva e la formazione delle commissioni. A quel punto il presidente del Parlamento europeo, vagliata l'istanza, trasmetterà il caso alla Commissione giustizia, che potrà procedere con una serie di approfondimenti degli atti e potrebbe ascoltare, tra l'altro, le parti. Potrebbero essere dunque convocati a Bruxelles sia i magistrati ungheresi che l’onorevole Salis, al fine di valutare nel merito se ci siano gli elementi e le condizioni per la sospensione dello «scudo penale» per l’italiana. Qualora i membri della Commissione propendessero per la revoca, la documentazione tornerebbe alla presidenza, che dovrebbe calendarizzare la seduta all'Eurocamera per il voto. «Non abbiamo avuto alcuna comunicazione ufficiale su questo aspetto, ma solo notizie di stampa. Il Tribunale ha la facoltà di richiedere la revoca dell’immunità. Intanto l’onorevole è stata eletta, ha già l’immunità e sta lavorando. Se dovesse essere così, l’onorevole Salis, come in tutte le richieste di revoca, avrà l’opportunità di difendersi, di portare memorie e tutta la documentazione», ha spiegato l’avvocato Eugenio Losco, che assiste l’esponente di Avs.

 

 

 

Quello che appare chiaro è che Ilaria Salis non intende rinunciare volontariamente all’immunità per farsi processare in Ungheria, dove il dibattimento è stato sospeso nel momento in cui l'attivista è stata eletta nell’ultima tornata delle Europee, quando 176mila cittadini hanno messo la X sul suo nome per salvarla da un'eventuale condanna, fino a 24 anni, con l’accusa di aver preso parte al gruppo criminale noto come la Banda del martello che ha compiuto i pestaggi nel Giorno dell’Onore.
Salis inoltre non intende neppure mettere mano al portafogli per saldare il presunto debito di 90mila euro che l’Aler, l'azienda di edilizia popolare di Milano, le contesta per aver occupato un immobile di via Borzi, in zona Navigli, per circa dieci anni. La neo eletta con Fratoianni e Bonelli, il duo delle meraviglie che si batteva contro l’immunità per gli avversari politici e che ha portato in Parlamento il primo degli ultimi Aboubakar Soumahoro, gioca sul fatto che quel debito non le è stato notificato e che non ci sono prove della sua occupazione decennale in quell’alloggio popolare. Peccato che proprio lei, qualche giorno fa, ha rivendicato di aver fatto parte attiva del movimento per la lotta alla casa e ha sfidato l’Aler, alla quale sono arrivate le missive di Fratelli d’Italia in consiglio comunale e della maggioranza in Regione Lombardia per avviare l’iter necessario a riscuotere il credito nei confronti dell’onorevole, anche tramite un eventuale pignoramento del lauto stipendio da europarlamentare.

 

 

 

Salis ha puntato il dito contro l'Aler che vuole i suoi soldi, definendola «senza scrupoli» quando prova a recuperare gli affitti non pagati e gli alloggi sottratti a chi, in stato di bisogno, aspetta il proprio turno il lista d’attesa senza sfondare gli ingressi. Il messaggio del nuovo simbolo della sinistra rossoverde è chiaro: occupare case popolari non è reato. E lo stesso leader Nicola Fratoianni ha condiviso l’agenda della sua nuova pupilla: «Ilaria Salis rivendica la militanza nel movimento di lotta per il diritto alla casa? Mi ritrovo nelle battaglie per questo diritto, anche nelle occupazioni. Sto con Ilaria. Occupare case non sia considerato reato». Anzi, quasi quasi i ladri di case meriterebbero un monumento, visto che «chi entra in una casa disabitata prende senza togliere a nessuno, se non al degrado, al racket e ai palazzinari», aggiunge Salis. Che garantisce: «Vivere in una casa occupata non è una svolta, non è qualcosa da furbetti, è logorante». Insomma, è uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pur farlo. Alla faccia di chi aspetta da anni in lista d'attesa.

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