Europa, l'attacco di Meloni: "Basta caminetti, rispettare il voto dei cittadini"
Apre e chiude il suo intervento attaccando a testa bassa quella classe dirigente europea che «è tentata dal nascondere la polvere sotto il tappeto, come se nulla fosse accaduto, rifiutandosi di cogliere i segnali chiari» arrivati con le ultime elezioni. Alla vigilia del Consiglio europeo, nelle comunicazioni alle Camere, Giorgia Meloni mette nel mirino il modus operandi con cui la "maggioranza Ursula" ha gestito il post-voto, spartendosi gli incarchi apicali delle istituzioni continentali senza nemmeno provare a dare l’impressione di volerla coinvolgere. «Non mi pare sia emersa finora la volontà di tener conto di ciò che i cittadini hanno detto nelle urne», sottolinea la premier e leader dei Conservatori, ricordando la crescita di Ecr, diventata la terza famiglia europea a scapito dei liberali di Renew: «I top jobs sono stati normalmente affidati tenendo in considerazione i gruppi con la dimensione maggiore e, quindi, tenendo in considerazione il responso elettorale, indipendentemente da possibili logiche di maggioranza o opposizione. Oggi si sceglie di aprire uno scenario completamente nuovo e la logica del consenso, su cui si sono sempre basate gran parte delle decisioni europee, viene scavalcata dalla logica dei caminetti nei quali alcuni pretendono di decidere per tutti, sia per quelli che sono della parte politica avversa sia per quelli di nazioni considerate troppo piccole per essere degne di sedersi ai tavoli che contano. Una sorta di "conventio ad excludendum" in salsa europea che, a nome del governo italiano, ho apertamente contestato e che non intendo condividere. Insomma, richiamando l’esito delle Europee, Meloni chiede a Bruxelles di intraprendere una direzione diversa perché «il problema principale è dato da un’Ue che si è progressivamente trasformata in un gigante burocratico, troppo invasivo». E che adesso ha davanti a sé «un compito molto arduo: ripensare completamente le sue priorità, il suo approccio, la sua postura. Personalmente continuo a ritenere che la risposta a questo declino stia nella necessità di fare meno e di farlo meglio». Ecco quindi la necessità di tenere conto maggiormente del principio di sussidiarietà e proporzionalità, e «penso che il nuovo presidente della Commissione europea dovrebbe immaginare una delega specifica alla sburocratizzazione, dando così un segnale immediato del cambio di linea che intende imprimere». «I cittadini - ripete - hanno detto chiaramente qual è il modello di Ue che preferiscono. Certo, c’è anche chi sostiene non siano abbastanza maturi per prendere determinate decisioni e che l’oligarchia sia, in fondo, la sola forma accettabile di democrazia. Ma io non sono di questo avviso». Per Meloni, che alla Camera ricorda anche il bracciante Satnam Singh "invitando" i ministri a partecipare alla standing ovation dell’Aula («ragà alzateve pure voi»), andare avanti su questa strada è perciò «un errore importante» mentre la maggioranza in prospettiva si annuncia «fragile e destinata probabilmente ad avere difficoltà nel corso della legislatura». Anche perché, avvisa, «mettersi d’accordo sui top jobs non vuol dire in ogni caso avere una maggioranza solida. Sicuramente resiste, che esiste lo verificheremo più avanti». La certezza, assicura, è che «per me l’interesse dell’Italia viene prima di quello di partito quindi non intendo sovrapporre i ruoli», e non farà «inciuci con la sinistra: non l’ho fatto in Italia, non li faccio in Europa. Sono in questo abbastanza coerente e determinata».
La premier si presenterà a Bruxelles continuando perciò a chiedere «un cambio di passo politico, prima di tutto, in linea con il messaggio dato dalle urne. E poi, ovviamente, intendiamo batterci per l’Italia per assicurare che la nostra Nazione sia rappresentata al meglio negli incarichi di vertice. E voglio dire francamente che spero di riuscire» a ottenere un ruolo «migliore di quello che abbiamo ora». Ovvero, oltre a un commissario di peso, anche la vicepresidenza. Per quella casella il nome più gettonato resta quello di Raffaele Fitto. «È un grande ministro, sarebbe la persona più adatta», il parere del presidente del Senato Ignazio La Russa, che non nasconde però la preoccupazione legata al fatto che «il problema è la coperta. Se copri la testa privilegiando la Ue, finisce che scopri i piedi», ma alla fine «nella nostra classe dirigente una copertina si può trovare». Secondo Antonio Tajani le trattative entreranno nel vivo ma difficilmente l’Italia potrà sfilarsi dal pacchetto sui top jobs, magari astenendosi. «Certo - aggiunge - bisogna vedere come è la trattativa, se non ci danno il vicepresidente, se ci danno il commissario alla barbabietola... Vediamo, è ancora lunga la partita». Non così per l’altro vicepremier Matteo Salvini, che definisce «vergognosa l’arroganza dei burocrati europei che in queste ore si stanno spartendo le poltrone». «L’inciucio» fra popolari e socialisti, conclude, «è un’offesa all’Italia» e la Lega sta lavorando per «un’alternativa possibile».