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Amministrative, scontro Meloni-Schlein. La premier evoca la "guerra civile"

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Dopo i «complimenti reciproci» post Europee, all’indomani dei ballottaggi volano gli stracci tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. È la premier, con un video postato di buon mattino sui social, a sferrare per prima l’attacco. La leader FdI torna a difendere, da «patriota», l’autonomia differenziata e accusa le opposizioni di essere «nervose» e usare «irresponsabili toni da guerra civile». Meloni ricorda chi in aula alla Camera ha evocato piazzale Loreto - «in pratica io dovrei essere massacrata e appesa a testa in giù», la sottolineatura - e le «liste di proscrizione della sinistra» sui parlamentari del Sud che hanno votato il ddl Calderoli «per incitare l’odio nei loro confronti». Per la premier, insomma, esiste una sinistra che si sta radicalizzando e che usa «parole e modi violenti», per mettere in campo «una difesa disperata dello status quo». Schlein, però, non intende cadere in quella che ama definire la ’trappola jukebox’ della premier. «Non so che film stia vedendo Meloni, non è la prima volta che lancia allarmismi. Ognuno fa l’analisi della sconfitta con gli strumenti che ha. Capisco sia difficile digerire la sonora sconfitta e il tentativo di far parlare d’altro dopo un 6 a 0 tennistico», taglia corto. La leader dem, insomma, intende continuare a portare avanti in modo «testardamente unitario» le battaglie sostenute durante tutta la campagna elettorale. «Il messaggio a Giorgia Meloni è chiaro: basta con i tagli alla sanità, basta con l’autonomia che spacca il Paese. Il messaggio è rinnovato: ’Stiamo proprio arrivandò», insiste. La leader di FdI punge Schlein anche sul premierato. «Ci accusano di deriva autoritaria, poi si scopre che lo proponeva anche il Pds di Achille Occhetto circa 30 anni fa. In pratica Achille Occhetto era molto più avanti di Elly Schlein», attacca.

Anche in questo caso la replica della segretaria dem non si fa attendere. «Meloni mi sembra un po' a corto di argomenti», taglia corto, prima di puntare il dito contro la proposta arrivata dal presidente del Senato Ignazio La Russa per una «riflessione» sulla legge elettorale per i sindaci e una revisione del doppio turno. «Non è che quando si perde si aboliscono le elezioni - tuona -. Non si scappa con il pallone in mano. Non è colpa degli elettori se la destra ha perso, è colpa loro. Noi non ci stiamo, e troviamo grave e sconveniente che la seconda carica dello Stato parli di cambiare le regole a pochi minuti dalla sconfitta, manca il senso delle istituzioni». Non manca poi l’ironia per la diversa lettura dei risultati arrivata dai due schieramenti. Donzelli dice che hanno vinto loro 4 a 3? «Voglio offrire la disponibilità di Davide Baruffi per capire come sono andate le elezioni», dice Schlein, lasciando ragionare di numeri il responsabile enti locali dem. «Prendo il pallottoliere ma è facile - replica lui -, siamo passati da 13 a 13 a 17 a 10. Capita di dover difendere il bidone anche quando è vuoto». «Anche noi ci siamo interrogati - ha aggiunto Schlein -, Donzelli stava dando i numeri e non capivamo, ma aveva sbagliato lui. Abbiamo fatto un sei a zero tennistico nei capoluoghi e strappato sei città alla destra, mentre loro ne hanno strappato tre a noi». Domani, alla Camera, in occasione delle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, andrà in scena un nuovo confronto tra le due leader. Schlein, infatti, dopo aver ascoltato la premier interverrà in dichiarazione di voto per il Pd. Prenderà la parola anche il leader M5S Giuseppe Conte. Perché, assicura la leader Pd, «uniti si vince».

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