Ue, Meloni riceve Orban prima del Consiglio europeo. La strategia sui top
L’appuntamento è cerchiato in rosso dal giorno dopo l’esito delle elezioni. Nel Consiglio europeo di giovedì e venerdì a Bruxelles dovrebbe infatti arrivare l’accordo sui "top jobs" continentali. Per trovare la quadra sui nomi dei futuri vertici dell’Ue, però, sono ancora in corso le trattative tra le varie famiglie politiche, in primis tra la "maggioranza Ursula" composta da Popolari, Socialisti e Liberali, con Giorgia Meloni che punta a strappare alla fine un punto a favore dell’Italia. «Al Consiglio avremo modo di discutere dell’agenda strategica e quindi, si spera, anche di quale debba essere la direzione da dare all’Ue nei prossimi anni», le parole della premier e leader dei Conservatori dopo l’incontro a Palazzo Chigi col primo ministro ungherese Viktor Orban. Meloni spinge per spostare a destra l’asse di Bruxelles e Strasburgo e, nella partita delle nomine, non intende restare a bocca asciutta.
Il punto di vista di Palazzo Chigi è ribadito anche dal vicepremier Antonio Tajani: «Credo che l’Italia non possa non avere un vicepresidente della Commissione europea e non possa non avere un commissario con un portafoglio di peso. Questo credo che sia il minimo che possa chiedere e pretendere il nostro Paese. Ritengo che l’Italia abbia giustamente il diritto di avere un riconoscimento di alto livello». Il nome più gettonato al momento è quello di Raffaele Fitto anche se il diretto interessato, dopo la riunione della Cabina di regia sul Pnrr, dribbla la domanda senza pronunciarsi: «Disponibile ad andare a Bruxelles? Chi mi conosce sa che non vado mai oltre quelle che sono le mie competenze, se vogliamo parlare del Pnrr bene, per il resto prendo atto delle domande e mi dispiace non dare alcuna risposta». Risposta che invece sul tema arriva da Tajani. «Io credo che Fitto sarebbe un eccellente commissario perché ha esperienza, conosce le istituzioni comunitarie, i dossier, non ha bisogno di fare un corso quinquennale come capita spesso ai nuovi commissari», sottolinea il ministro degli Esteri parlando del collega di governo, precisando però che non è stata ancora presa alcuna decisione: «Sarà Meloni a dire l’ultima parola dopo aver ascoltato la maggioranza. La sintesi la farà la premier». Per quanto riguarda invece la trattativa per gli incarichi ai vertici delle istituzioni europee, il titolare della Farnesina ammette che per arrivare venerdì alla fumata bianca prima «bisogna trovare l’accordo. Se non si trova nel fine settimana, se non c’è la possibilità, è chiaro che servirà altro tempo. Il confronto fra i capi di Stato e di governo è in corso, ci sono colloqui. Io ribadisco la mia posizione: bisogna tener conto del risultato elettorale, questa è la democrazia. Credo che i Verdi non possano stare nella futura maggioranza, quindi credo che Popolari, Liberali e Socialisti debbano guardare con maggiore attenzione ai Conservatori».
Sul dossier legato ai "top jobs" è netto invece Orban che prima di lasciare la Sala dei Galeoni di Palazzo Chigi allestita per le dichiarazioni congiunte con Meloni, dice la sua senza troppi giri di parole. «Una ultima osservazione che vorrei fare è sulla divisione delle posizioni che sta avvenendo a Bruxelles. Penso di essere il premier che sta da più tempo al suo posto nella Ue, ho visto cosa è successo negli anni e so cosa si è guastato nel frattempo - spiega - Io penso che la radice dei problemi europei di cui soffriamo sta nel fatto che nel 2014 dopo le elezioni la Commissione europea, che fino a quel momento era il guardiano dei trattati, ha assunto un ruolo di non neutralità, e la situazione è sempre peggiorata». «Ora ci sono tre partiti che formano una coalizione e si dividono i top jobs, non coinvolgono gli altri e questa filosofia non corrisponde alla collaborazione europea - è l’affondo di Orban che dal primo luglio assumerà per sei mesi la presidenza di turno del Consiglio Ue -. Prendono decisioni di politica europea a livello partitico, ma non era questo all’inizio il progetto dell’Unione europea. Il progetto era di coinvolgere tutti, grandi e piccoli. Non si può permettere che un Paese si senta in minoranza, all’opposizione nell’Ue. Questo è un sentiero che non va seguito, né da un punto di vista filosofico né ideologico. Questo patto partitico della divisione dei top jobs noi come Ungheria non lo possiamo appoggiare».