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M5s nel caos, è Grillo-gate: la fronda anti-Conte vuole i conti del fondatore

Aldo Torchiaro
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Il Movimento è nel caos. Giuseppe Conte è sfiduciato ormai anche dai maggiorenti del partito: contro di lui cresce la fronda dei parlamentari. Qualcuno esce allo scoperto. Davide Casaleggio ha decretato il time out. La fiducia è finita. Virginia Raggi non gliele manda a dire. Venerdì prossimo, il 28 giugno, Alessandro Di Battista ha convocato una manifestazione davanti al Senato con l’obiettivo di contarsi e «tornare alle origini», quelle che Conte avrebbe tradito. E fa ancora parlare l’auto-intervista di Beppe Grillo: «Dobbiamo proporre idee visionarie, smarchiamoci da una collocazione vecchia, superata da decenni». Il posizionamento di Conte come gamba movimentista del centrosinistra non ha convinto gli elettori, figuriamoci l’Eletto.

 

Dietro al ribollire delle tensioni ci sarebbe, però, qualcosa di più prosaico delle strategie visionarie. Beppe Grillo conta su una entrata da parte dei gruppi parlamentari di 300.000 euro l’anno. L’ha stabilita, in un colloquio riservato con Conte, lo scorso 10 settembre: il contratto prevedeva la fornitura di «Progetti comunicativi». E quando si avvicina la scadenza del contratto, o il suo rispetto viene messo in discussione, ecco che da Genova il Garante del Movimento fa sentire, forte e chiara, la sua voce. Rimane tutto da chiarire, alla faccia della pretesa trasparenza, in che cosa concretamente consista quella prestazione. Pesa anche, sul rapporto evidentemente incrinato tra i due, la bocciatura alle Europee dell’ex eurodeputata Sabrina Pignedoli. Attivista della prima ora e fedelissima di Grillo, Pignedoli deve essersi sfogata con il fondatore per la delusione della rielezione mancata. Conte prova a rabbonire Grillo, a rassicurarlo in ogni modo. Per la protetta di Grillo – com’è consuetudine, nel M5S – ecco spuntare la riprotezione di un posto di lavoro: Conte chiamato il neo eletto Gaetano Pedullà per chiedergli di assumerla nel suo staff a Bruxelles. E c’è anche il dossier Nina Monti, da curare.

 

La più stretta collaboratrice di Beppe Grillo, già presa in carico dal Movimento, va compensata meglio. Grillo muove le sue pedine, alza il prezzo, si aspetta più di qualche applauso: non solo riconoscenza sonora ma riconoscimenti sonanti. E Conte, messo alle strette dall’evidenza del fallimento elettorale e della irrilevanza politica, cos’altro può fare se non ubbidire? Certo, nel Movimento si è aperta una crepa nella fiducia cieca (e un po' naif) che caratterizzava i primi tempi.
Adesso i parlamentari – sulla graticola di una fine mandato irrevocabile – vogliono vederci chiaro sui rapporti interni. Come sul tema delle fatture di Grillo, che devono essere approvate e verificate da due figure: Vito Crimi eil tesoriere Claudio Cominardi. Su di loro cresce anche la pressione delle «Amazzoni», il gruppo – tutto al femminile–che fa ormai sentire il suo incedere a passo di carica verso i piani alti di Via di Campo Marzio, quartier generale in cui Conte è sempre più isolato. L’uomo giusto per dare il benservito all’Avvocato di Volturara Appula potrebbe essere una donna. Delle «Amazzoni» Virginia Raggi è la punta.

Ma c’è anche Chiara Appendino, azzoppata nella sua corsa dai guai giudiziari torinesi, e la presidente della Vigilanza Rai, Barbara Floridia. E con discrezione ma consenso crescente, c’è la neo governatrice della Sardegna, Alessandra Todde, l’amministratrice pubblica più votata del Movimento. Non passa giorno senza che Conte diventi l’oggetto di qualche reprimenda pubblica o privata. Così Toninelli gli fa sapere che «non si può modificare il codice genetico del movimento», ovvero la regola per cui «non puoi fare il politico professionista», perché altrimenti «muore il corpo politico» del M5s. E per essere ancora più chiaro, rivolgendosi a Conte: «Tu sei molto competente, sei un grande mediatore», dice rivolto a Conte, ma su un palco «per emozionare», «affiancati una persona come Beppe Grillo». Rieccolo: sempre lì si torna. Finché, come spesso accade, arriva Marco Travaglio a difendere il leader in crisi.

Il direttore del Fatto Quotidiano gioca tutte le parti in commedia. Dirige il giornale di riferimento dell’area, fa lo spin doctor di Conte, ne difende l’operato in televisione. Perfino con qualche eccesso di veemenza. Ospite di Ottoemezzo, attacca Grillo: «Magari avesse un progetto, un obiettivo, io vedo soltanto dei malumori del vecchio leader», «sempre più messo da parte, perché lui stesso si è messo da parte». Fino a colpirlo sotto la cintura: «Grillo non è nemmeno andato avotare alle elezioni europee, poi diceche è essenziale e vuole essere presente». Tira una brutta aria, tra i grillini. Il Movimento rischia di sciogliersi e no, non è per il gran caldo.

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