Ue, Salvini chiude la porta al Mes: "L'Italia non lo ratifica, follia europea"
Lo scontro riapertosi sul Mes tra l'Italia e l'Europa non si ricompone: l'Italia non lo ratificherà, bloccando di fatto il nuovo trattato dello strumento finanziario, a meno non venga ulteriormente modificato, ipotesi attualmente non sul tavolo di Bruxelles. E dunque "se lo approvino loro. Non ci serve il Mes", chiude da Milano il vicepremier leghista Matteo Salvini, etichettandolo come "un'altra follia europea" che l'Italia non approverà "mai". Del resto il messaggio chiaro era arrivato anche da Bruxelles: "Il Parlamento non è nelle condizioni di approvarlo e non lo approva", è la sintesi del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. Nella discussione del giorno prima, con il reclamo per il trattamento riservato all'Italia sulle nomine "ho detto semplicemente che introdurre il tema della ratifica del Mes in questo momento mi sembrava vagamente come buttare un po' di sale sulla ferita e quindi improprio".
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Discorsi diversi che si intrecciano, come probabilmente inevitabile in un passaggio politico così delicato per l'Unione. Quello che c'è di nuovo "è che per la prima volta il direttore del Mes Pierre Gramegna ha fatto delle riflessioni, recependo evidentemente anche delle critiche che abbiamo sempre fatto noi per cercare di cambiarlo e portarlo verso un utilizzo tipo un fondo sovrano europeo, ad esempio in tema di difesa", racconta il titolare di via XX settembre. Ma si è trattato di "una discussione appena abbozzata" e tra l'altro "ho incontrato molte resistenze specialmente dai Paesi nordici". Sta di fatto che "a breve è impossibile una ratifica, a lungo dipende se cambia la natura, come abbiamo chiesto noi". Diversa invece la posizione del Pd, che ha nuovamente depositato una proposta di legge per la ratifica del trattato di riforma.
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Intanto c'è un altro tavolo di trattativa tra l'Italia e l'Ue, che sta ben più a cuore al governo, ed è quello che riguarda l'apertura della procedura per deficit eccessivo che verrà 'formalizzata' nel prossimo Ecofin del 16 luglio. La discussione sulla traiettoria di rientro settennale parte però da subito, con l'invio delle indicazioni da Bruxelles a Roma: "Noi abbiamo fatto le nostre simulazioni, quella bella, quella brutta, quella media, la speranza è stare tra le media e la bella", è l'auspicio di Giorgetti. Che dovrà far quadrare i conti di una correzione di 10-12 miliardi l'anno - lo 0,5-0,6% del Pil - e una manovra che parte da 20 miliardi solo per rifinanziare le misure già in essere quest'anno. Le previsioni contenute nel Def di aprile stimavano già una traiettoria di rientro del Deficit dal 7,4% del 2023 Non ci saranno tagli alla Sanità, assicura il ministro, "non l'abbiamo mai tagliata, abbiamo soltanto incrementato le dotazioni dei fondi". Invece "costruiremo il quadro di finanza pubblica tenendo presente che obiettivo è confermare la riduzione della decontribuzione per redditi medio-bassi, questo è prioritario, poi vengono le altre cose". Quanto ai fondi per la difesa, "è un tema appunto, ne abbiamo parlato nel senso che le richieste internazionali sono molto significative. Si conferma la bontà della posizione negoziale italiana sulla governance economica che ha sempre chiesto di considerare la difesa come fattore rilevante, e quindi da escludere, negli aggregati da limitare. Adesso si capisce quanto fosse corretta la posizione che abbiamo ottenuto".