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Bertinotti senza pietà: “La sinistra non rinasce con queste piazze. Così perde in tutta Europa”

Edoardo Sirignano
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«Piazza Santi Apostoli non è Piazza San Giovanni. La somma delle sigle è un fallimento in partenza». A dirlo Fausto Bertinotti, storico leader di Rifondazione Comunista e già presidente della Camera.

Qualcuno dopo l’evento per l’Autonomia, a cui hanno preso parte quasi tutte le forze progressiste, ha parlato di rinascita di un’area. È d’accordo?
«È un grave errore solo pensare che la sinistra sia rinata, così come non è giusto parlare di piazzetta. L’aspetto positivo, a mio parere, sono gli studenti e gli insegnanti mobilitatisi per la Palestina, le battaglie sulle questioni sociali, come quella per la sanità, esperienze come Gkn in difesa del lavoro, ma non certamente la sinistra».

Siamo, quindi, a un punto di partenza e non di arrivo?
«Forse anche meno. Parlo di movimenti, non della sinistra, ovvero di uno stato di agitazione, che comincia a manifestarsi. Mi riferisco a filini d’erba che andrebbero coltivati. Al momento sono soli germogli».

Rispetto alle grandi manifestazioni di una volta, sono possibili paragoni?
«Assolutamente no! Ai miei tempi c’era una sinistra che conquistava il mondo, qui invece siamo di fronte a una che ha appena finito di perdere in quasi tutta Europa. Questo è, senza ombra di dubbio, il momento della sconfitta del movimento operaio e di ciò che rinasce in quel campo».

 



Come vede il flirt tra Pd e M5S. Il Nazareno sta provando ad assorbire i pentastellati?
«Si possono determinare alleanze, ma l’idea che possa esserci la fagocitazione di una forza nell’altra non esiste. Ho un’opinione diversa».

Quale?
«Penso che in una fase nuova sarebbe opportuna un’ipotesi nuova delle sinistre. Tutte le forze di opposizione dovrebbero dismettere le loro sovranità e metterle a disposizione per un processo costituente, che determini la possibile nascita di una grande organizzazione che si opponga, in modo unitario, alle politiche dell’attuale governo. Per cambiare davvero ognuno dovrà mettersi in discussione».

I vari Renzi e Calenda, intanto, sono già stati mandati via?
«Li vedo in fuga, nessuno li ha cacciati. Non so per andare dove».

Per avviare una fase costituente, come quella a cui fa riferimento, i dem dovrebbero innanzitutto superare il problema delle correnti. Schlein sta facendo qualcosa a riguardo?
«Le correnti non devono essere sommerse. Che mille fiori fioriscano, come spiegava bene Mao, non è un qualcosa di negativo. La condizione, però, è che debbano essere portatrici di pensiero politico e non utilizzate solo per difendere pezzi di classe dirigente».

 

 

Il punto di incontro potrebbe essere la battaglia sull’Autonomia. Come vede l’ipotesi di un referendum?
«Meloni voleva far parlare i cittadini. Facciamoli esprimere e vediamo cosa vogliono. Se perdi il referendum potrebbe essere la tomba della sinistra, ma se lo vinci potrebbe essere una chance per le opposizioni. In un quadro in cui le destre tendono a essere unite e le sinistre a dividersi, potrebbe favorire convergenze che diversamente non ci sarebbero state. Qui, d’altronde, non si devono fare delle coalizioni per vincere. Bisogna solo condividere una battaglia».

Come escono i partiti nazionali, intanto, dall’ultima consultazione?
«Pd e Alleanza Verdi e Sinistra tornano a guadagnare consensi e ciò è un segnale, così come il voto giovanile che li premia».

In tale schema indietreggia il Movimento.
«Il posizionamento dei 5 Stelle come forza populista trasversale è venuto meno. Non è facile ritrovare una collocazione quando perdi sfide come quella sul reddito di cittadinanza, senza lottare».

 

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