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Pd, quando Bonaccini e Schlein facevano il tifo per l'Autonomia

Gaetano Mineo
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Per la sinistra, l’Autonomia differenziata s’è trasformata da amore in odio. E questo, perché porta l’impronta del governo Meloni. Perché fosse stata targata governo Gentiloni o Conte, oggi staremmo a parlare di altro, con il provvedimento già in vigore. Ma andiamo con ordine, e partiamo dalle ultime ore. «È un provvedimento sbagliato nel merito e nel metodo – è l’ennesimo attacco del governatore uscente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, neo-eletto al Parlamento europeo col Pd - e che rischia di spaccare il Paese». E così cantando, è andata in questi mesi fino al via libera definitivo del parlamento al provvedimento. Ma come è noto, la propaganda fine a se stessa non paga. E la sinistra, in merito, non si smentisce quasi mai. Come quasi sempre, invece, si caratterizza per i «suoi» due pesi e due misure. E così dalle ultime ore, torniamo indietro, semplicemente, all’aprile di due anni fa.

 

 

Sempre lo stesso governatore Pd, Bonaccini, allora con al suo fianco, come vice, l’attuale leader del Pd, Elly Schlein, scriveva: «L’autonomia differenziata è una opportunità prevista dalla nostra Costituzione che noi vogliamo cogliere. Abbiamo avvertito bene il rigurgito centralista in questi anni, anche nel mio partito, soprattutto da quella parte della politica che si è misurata poco con i problemi concreti della pandemia». Da allora sono passati poco più di due anni. Ma non è forse il tempo a far cambiare le idee a Bonaccini, ma probabilmente i governi, perché dall’aprile del 2022 a oggi siamo passati dagli esecutivi Draghi a Meloni. Considerazione avallata da ulteriori affermazioni da parte del dirigente Pd, Bonaccini, che nel novembre del 2018, allora sempre presidente dell’Emilia-Romagna, addirittura assieme ai governatori leghisti della Lombardia e del Veneto, rispettivamente Attilio Fontana e Luca Zaia, scriveva una lettera indirizzata all’allora premier, Giuseppe Conte, con la quale si richiedevano tempi certi per i disegni di legge sull'Autonomia. Nella missiva, i tre governatori enfatizzano l'importanza del percorso intrapreso, definendolo «un'opportunità importantissima non solo per i rispettivi territori, ma per l'intero Paese». La logica sottostante è quella di «riordinare e semplificare il funzionamento delle istituzioni, ammodernare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, ridurre i tempi di risposta alle esigenze delle imprese e contenere gli oneri di funzionamento della macchina pubblica», scrivevano i tre governatori in una nota congiunta.

 

 

Ma non è tutto, perché un anno prima, e siamo nell’ottobre 2017, era stato sempre lo stesso Bonaccini a dar vita alla richiesta dell’Autonomia differenziata per l’Emilia-Romagna, firmando una dichiarazione di intenti con l’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Addirittura il governatore Pd, aveva anticipato le due regioni leghiste (Lombardia governata da Roberto Maroni e Veneto sempre da Zaia) che invece hanno dovuto indire un referendum che, ovviamente vinto dai sì. Mentre per Bonaccini è bastato ricevere mandato dalla Giunta poi dall’Assemblea regionale, saltando la consultazione cittadina. La stessa strada che, alla fine, hanno percorso anche Maroni e Zaia. Insomma, Bonaccini ha fatto da capofila alle regioni del nord per ottenere l’Autonomia differenziata. Cosa che oggi, invece, manda alle ortiche chiosando: «È un'Autonomia sbagliata, questi parlano di residui fiscali e i residui fiscali sono l'anticamera di un secessionismo di fatto». Insomma, le posizioni sembrano essere cambiate nel tempo e non solo quelle di Bonaccini. La stessa Schlein ha dichiarato chiaramente l'opposizione del Partito Democratico all'Autonomia differenziata. E questo perché ha l’impronta del governo Meloni?

 

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