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Migranti, Soumahoro parla ancora: “Regolarizziamo i braccianti”

Christian Campigli
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C'era da aspettarselo. Immancabile come la pioggia d'agosto, Aboubakar Soumahoro si è buttato a capofitto, anche in questa occasione, sulla notizia del giorno. Che il tema degli immigrati, le teorie no borders e il presunto razzismo degli italiani nei confronti dei cittadini africani siano il core business dell'ex icona di Avs è ormai cosa nota. Non sorprende, quindi, che il nativo di Betroulilié abbia deciso di commentare la vicenda di Latina. «Satnam Singh, bracciante indiano di 31 anni, è purtroppo l’ennesima vittima nella filiera del cibo. È da più di dieci anni che, a gran voce, chiediamo, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori braccianti, di regolarizzare tutti gli invisibili delle nostre campagne, da nord a sud, perché è l’unico modo per strapparli dall’illegalità e riconoscere loro diritti e dignità». Una presa di posizione netta e perentoria, che punta il dito contro un intero settore. Per altro, assai importante per il nostro Paese. «Chi conosce bene il sistema agroalimentare del nostro paese sa che l’unico modo per combattere il caporalato è contrastare le ingiustizie e le storture che si innestano nella filiera del cibo. Infatti i giganti della distribuzione agroalimentare impongono prezzi bassi ai contadini che a loro volta schiacciano con bassi salari i braccianti».

 

 

Come da prassi, vi è poi il riferimento all'attuale esecutivo, reo di non aver ascoltato il leader del movimento Italia Plurale (un partito fondato lo scorso mese). «Purtroppo, l’attuale governo non ha accolto il mio ordine del giorno che chiedeva di introdurre nel nostro ordinamento la patente del cibo, per garantire la giusta ed equa remunerazione del lavoro svolto dai produttori e contadini ed un salario dignitoso ai braccianti, in modo da garantire un cibo etico. Attraverso la regolarizzazione dei migranti invisibili e l’introduzione di una Patente del cibo si potrebbe contrastare lo sfruttamento evitando morti sul lavoro, come accaduto a Satnam Singh nelle campagne di Latina».

 

 

Aboubakar Soumahoro è la sintesi dialettica perfetta dell'anatomia di una caduta. Il bracciante agricolo che diventa sindacalista, in difesa dei suoi fratelli africani, sfruttati dai crudeli latifondisti italiani. La moglie e la suocera fondano una cooperativa, con il dichiarato intendo di aiutare chi arriva col barcone da Libia e Tunisia. Nel frattempo, la sua stella si incontra col duo delle meraviglie di Avs, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che vedono in lui la nuova icona della sinistra. E così entra in Parlamento, con gli stivali sporchi di fango e brilla fino al fragoroso salto nel vuoto. Sia chiaro, Soumahoro non ha ricevuto alcun avviso di garanzia dalla Procura di Latina. Che, al contrario, ha deciso il rinvio a giudizio con varie accuse, tra le quali frode, autoriciclaggio e bancarotta, per la moglie Liliane Murekatete, la madre Marie Therese Mukamitsindo (arrestate e poste ai domiciliari) e i fratelli Michel Rukundo, Richard Mutangana e Aline Mutesi. Secondo la tesi accusatoria, gli imputati avrebbero distratto fondi erogati e destinati inizialmente all’accoglienza dei migranti. Ora il suo sfavillante ritorno alle cronache, due settimane fa per criticare la Bossi-Fini, ieri per dire la propria sulla tragedia di Latina.

 

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