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Conte e le truppe grilline fanno a gara con Schlein & Co. a chi è più di sinistra

Edoardo Sirignano
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Parte la gara a chi è più compagno. Tra Bella Ciao e falci e martello, nella piazza dell’anti-premierato è corsa a sinistra. Il leader del Movimento 5 Stelle Conte, dopo aver scaricato il fondatore Grillo, tenta di rubare al Pd quell’Italia che si definisce progressista. Nella grande ammucchiata di Piazza Santi Apostoli, non a caso, i due grandi assenti sono Renzi e Calenda. E i pochi cattolici dem o nostalgici Dc, rimasti nelle retrovie del palco, certamente non fanno salti di gioia a vedere nuovi e vecchi comunisti. Una preoccupazione che traspare negli occhi di Franceschini che, senza farsi notare, sussurra a quel Della Vedova, già scaricato da Italia Viva and partners: «Altro che quei signori con cui dovevi fare gli Stati Uniti d’Europa, il vero centro siamo noi, ma muoviamoci». Neanche a Delrio sembra essere piaciuta una manifestazione, che non ha nulla a che vedere con le feste dell’amicizia. Tanto è che lascia subito la piazza.

 

 

Nel backstage della manifestazione, si svolge un vero e proprio congresso, dove alle tradizionali correnti del Nazareno, si aggiunge una nuova: quella dei pentastellati che strizzano l’occhio. Patuanelli, insieme al redivivo Speranza, ad esempio, millanta di essere la nuova sinistra. Messaggio che fa storcere il naso al capannello, formato per l’occasione da Cuperlo e Orfini. Peggio ancora al duo Santoro-Vauro, che si tiene lontano dall’area vip e si ritrova il collega di tante battaglie Ruotolo, ormai scaricato dal cerchio magico di Elly. A chiedere il conto alla segretaria, invece, è un tale Vincenzo De Luca, giunto nella capitale col rampollo Piero e una serie di cacicchi: «Alla fine - ridacchia - quest’elezione l’abbiamo vinta noi. Altro che Schlein». Il 18 giugno, comunque, per il centrosinistra, come spiegano Bonelli e Fratoianni, deve essere «il giorno zero, quello in cui mettere da parte le divisioni che hanno portato alla sconfitta delle politiche».

 

 

Una strategia condivisa, in pieno, dalla folla di Piazza Santi Apostoli, che urla a squarcia gola, interrompendo i vari interventi: «Unità». Parola che non può essere ignorata, da chi fino a ieri si è fatto la guerra. Ecco perché dopo aver scrutato da che parte tirava il vento, in seguito all’appello di un cinquantenne, che butta giù quasi le transenne per dirgli «volemose bene», Conte e Schlein si fanno i selfie insieme e iniziano a flirtare come due quattordicenni al primo appuntamento. L’avvocato di Volturara Appula abbraccia finanche il conterraneo Decaro, a cui fino all’altro ieri ne aveva dette di cotte e di crude. Elly, invece, dichiara alle tv: «Il premierato e l’autonomia li fermeremo insieme». Nella piazza anti-Giorgia, intanto, spunta un nuovo idolo: Donno. Il parlamentare del M5S coinvolto nella rissa in Aula, non solo viene difeso dal leader, «per un provvedimento disciplinare che lo avrebbe messo alla pari di chi lo ha aggredito», ma viene invitato sul palco col tricolore, quasi come se fosse un nuovo padre costituente. Osserva Pagliarulo dell’Anci: «Un vero partigiano, non come i giovani fascistelli di FdI». Nei numerosi interventi scarseggiano i programmi, ma c’è una mononota o non novità: «Tutti insieme contro chi non dimentica il Ventennio». Scarseggia, intanto, la gente. A farlo notare il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri, che su X, scrive: «La prossima volta il palco lo mettono all’ingresso della piazza per coprire il flop».

 

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