LA MADRE DI TUTTE LE RIFORME

Premierato, c’è il primo sì all’elezione diretta. Meloni: “Democrazia e stabilità”

Dario Martini

La riforma del premierato passa al Senato. È il primo (storico) via libera a cui dovranno seguire altre tre approvazioni in Parlamento e, molto probabilmente, anche un referendum affinché la legge costituzionale entri in vigore. La novità principale, come noto, è l’elezione diretta del presidente del Consiglio. È la missione storica che si era posto anche Silvio Berlusconi, che Giorgia Meloni sta iniziando a portare a casa. Missione non facile, vista l’opposizione più dura del solito, con un ostruzionismo spinto sia in commissione che in aula, sfociato nelle plateali proteste della scorsa settimana, con i banchi del governo occupati, i tricolori sventolati, le costituzioni sbandierate, Bella Ciao cantata ogni volta che si presentava l’occasione. Ieri pomeriggio, però, la parola è dovuta passare per forza di cose al voto finale: 109 voti favorevoli, 77 contrari e un solo astenuto, il senatore delle autonomie Durnwalder.

 

  

 

Ottenuto il via libera i senatori di FdI si sono riversati in strada, di fronte a Palazzo Madama, capitanati dal capogruppo Lucio Malan, per mettere in scena un flash mob dove campeggia un grande striscione: «Fine dei giochi di palazzo, con questa riforma decideranno gli italiani». Anche i colleghi delle opposizioni scappano a tutta velocità. Ma verso un’altra direzione: dritti a piazza Santi Apostoli, dove va in scena la manifestazione contro il premierato ma anche contro l’autonomia differenziata. Ma torniamo all’Aula. Votano anche i ministri-senatori, Elisabetta Casellati, che in questi mesi ha fatto della riforma la sua missione, e poi Ciriani, Santanchè, Zangrillo, Musumeci e Salvini. FdI è presente in forze per il sì alla «madre di tutte le riforme», come l’ha ribattezzata la premier Giorgia Meloni, che appena dopo il via libera plaude sui social: «Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati».

 

 

Casellati la definisce «la prima pietra di una riforma storica». E aggiunge: «Il treno è partito, non si fermerà». Eppure c’era chi temeva nuovi momenti di tensione. «Sono sicuro che in questa occasione non vi sarà alcun motivo di disturbo del civile confronto che ci si aspetta in questo casi», le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa a inizio seduta. Le opposizioni scelgono tutte di votare per mettere agli atti il proprio no, abbandonando l’idea dell’Aventino che invece era stato messo in pratica sul voto sull’articolo che introduce l’elezione diretta del premier. Per il capogruppo del Pd Francesco Boccia si tratta di «uno scambio nella maggioranza: l’autonomia Spacca Italia (senza Lep) della Lega; i pieni poteri alla presidente Meloni, infine l’asservimento al governo del potere giudiziario». Replica il capogruppo leghista Massimiliano Romeo: «Da parte della Lega ci sarà massimo rispetto di questo accordo politico».