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Renzi e il Terzo Polo, spunta l'idea primarie. Che fine fa il tesoretto centrista

Aldo Torchiaro
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Divisi e dunque sconfitti alle Europee, per Azione e Italia Viva la lezione non sembra ancora chiara. Il partito di Carlo Calenda (mai così silenzioso come in questo periodo) è avviato alla kermesse di una "Costituente" in autunno che dovrebbe certificarne l’allargamento ad altri soggetti minori del campo riformista. Ettore Rosato ne parla come di un momento rigeneratore. Nello stesso partito, Enrico Costa, che era stato ministro degli Affari Regionali con Renzi, si chiede «a cosa possa servire questa costituente». Nell’altro campo, in Italia Viva si discute del congresso. Renzi invita al tesseramento in vista dell’assise che celebreranno a ottobre. Chi lo prende sul serio, come Luigi Marattin, si autocandida per la leadership e viene subissato dalle critiche dei militanti. Ma anche da chi vuole andare a vedere le carte: «Mi chiedo per cosa si candida, con quale programma», gli risponde Teresa Bellanova, che per Italia Viva è stata ministra dell’Agricoltura. C’è una certa confusione, sotto il cielo centrista.

 

 

Renzi e Calenda continuano a non parlarsi, ma in Parlamento si muovono allo stesso modo. E quando ieri il Pd ha chiamato le opposizioni in piazza, per protestare contro premierato e autonomia, dai centristi di Calenda prima e di Renzi poi è arrivato il no, grazie: «Azione farà battaglia in Aula», ha fatto sapere Calenda. E così Iv: Raffaella Paita, coordinatrice del partito, ha detto che non possono stare «al fianco di chi giudica il jobs act, la riforma della giustizia e le riforme costituzionali un pericolo per la democrazia». E pazienza se la piazza in questione è quella piazza Santi Apostoli – già sede dell’ufficio politico di Romano Prodi – in cui l’Ulivo è nato e cresciuto. Di nostalgia ulivista si parla molto, a sinistra. Tanto da richiamare in servizio Francesco Rutelli, oggi presidente di Anica, per un film già visto: una Margherita 2.0, una «federazione dei centristi» che rimetta in moto l’area moderata che nel Pd radicale di Elly Schlein sta stretta. Diversa la decisione di Emma Bonino, che andrà in piazza con idem, e di Riccardo Magi. Anche a loro si indirizza la strigliata di Enrico Borghi, senatore renziano: «L’errore fondamentale è stato andare divisi alle elezioni europee. Se tutti i riformisti italiani avessero costruito una lista unitaria, sotto la bandiera degli Stati Uniti d'Europa, adesso avremmo avuto 6 o 7 europarlamentari nel gruppo di Renew Europe. La divisione non paga».

 

 

Proprio oggi, ospiti di Ance all’Auditorium di Roma, Francesco Rutelli e Matteo Renzi si daranno il cambio sul palco dell’associazione costruttori edili. Oscar Giannino, già a capo della prima formazione libdem della seconda Repubblica, "Fare per fermare il declino", propone un percorso fatto di incontri a tema e di primarie allargate a tutti i soggetti che comporrebbero l’album di famiglia. Che è vasto: potrebbe andare da Clemente Mastella a Luigi Marattin, da Enrico Costa a Maria Elena Boschi. Dal presidente della fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, a Mara Carfagna. Renzi fa sapere di voler puntare «sui giovani», ma i nomi rimangono coperti. E Rutelli? Il rottamatore oggi può aver bisogno del suo primo rottamato eccellente, per rimettere insieme i cocci e tornare a vincere. Nemesi della storia.

 

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