Il nuovo Terzo Polo: tutti sognano Rutelli. Ma in pole ci sono Gori e Sala
Con le macerie ancora fumanti, stanno arrivando i «periti» per valutare i danni ed ipotizzare la fase della ricostruzione. Il cratere stavolta riguarda il fu terzo polo, andato a sbattere alle elezioni Europee con due liste di fatto concorrenti, Stati Uniti d’Europa ed Azione, che non sono riuscite a raggiungere il quorum. In pratica significa un milione e settecentomila voti rimasti orfani, senza rappresentanza politica. Tra i primi «soccorritori» due intellettuali d’area, Claudio Velardi e Chicco Testa, il primo anche direttore del Riformista, ieri sono tornati a chiedere un «passo indietro di Renzi e di Calenda, a questo punto nessuno dei due può essere il federatore di una nuova realtà. Bisogna sgomberare il campo dal passato e ricominciare da capo». Il problema è come rimuovere la cenere che ingombra l’aria e ripartire da zero. Anche perché i due protagonisti, il leader di Italia Viva e quello di Azione, tanto per cambiare, la pensano all’opposto. Il primo, Matteo Renzi, ha subito lanciato lo schema del «terzo nome»: serve qualcuno di nuovo per ricostruire l’edificio crollato; il secondo, Carlo Calenda, «fischietta» e con Ettore Rosato dice: «Siamo qui per correggere gli errori, e come accade quando si cade, per rialzarci e riprendere il percorso con maggiore energia». Che probabilmente in termini psicanalitici, si chiamerebbe vera e propria rimozione dell’evento luttuoso.
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Intanto i due deputati Luigi Marattin ed Enrico Costa stavolta hanno le idee chiare: «Va costruito un unico partito liberaldemocratico e riformatore», il sottinteso è che il nuovo soggetto prenderebbe il posto di Italia Viva ed Azione, con le conseguenti dimissioni dei due leader. Di «costituente» da avviare, parlano anche altri protagonisti della vicenda elettorale, lato Stati Uniti d’Europa, il presidente di Libdem Andrea Marcucci ed il presidente della Fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto. «Naturalmente alla fine di questa rifondazione, sceglieremo un terzo nome, magari con le primarie», specifica Marcucci. È che il patrimonio incustodito del terzo polo, fa gola a molti. Per affinità del passato, i più lesti a prestare un modello sono stati i riformisti del Pd, riverniciando un ragionamento di qualche anno fa di Goffredo Bettini. Così tra i temi in discussione è riemerso il modello «Margherita», ovvero la formazione politica che tra il 2000 ed il 2007 mise in campo un’opzione centrista in collaborazione con i Democratici di Sinistra. Niente di più facile che pensare al segretario di allora, Francesco Rutelli, per la «riemersione» del terzo polo. «No grazie, la politica mi ha dato tanto, ma ne sto fuori da 10 anni», ha chiuso subito le porte l’ex sindaco di Roma.
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Restano in campo come suggestioni i nomi del primo cittadino di Milano Giuseppe Sala (che è un nome ricorrente) e quello di Giorgio Gori, fresco di elezione al Parlamento Europeo, che in questi giorni ha consigliato ad Elly Schlein di aprire ufficialmente le porte sia a Matteo Renzi che a Carlo Calenda. Il terzo incomodo si chiama Antonio Tajani, forte del risultato appena ottenuto l’8 e 9 giugno. «Noi occupiamo lo spazio che è in mezzo tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein», scandisce il segretario di Forza Italia, come per mettere in chiaro che quell’area è già presidiata. Con l’arrivo dei soccorsi, si sono perse le tracce dell’ultimo naufrago, Più Europa. «Ripartiamo dai nostri temi», ha chiarito il segretario Riccardo Magi, e ai più è sembrato un addio ufficiale agli sfortunati compagni di viaggio. Nel concreto, non esiste ancora un piano ufficiale che metta d’accordo i «sopravvissuti», che per ora si confrontano su modelli alternativi. Oltre ad una bussola, all’ex terzo polo serve infatti velocemente una rotta.
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